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Picchiati dal patrigno a Cardito, i silenzi delle maestre sul tavolo del ministro

di Marco Di Caterino
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 12 Aprile 2019, 23:00 - Ultimo agg. : 13 Aprile, 07:12
4 Minuti di Lettura

Choc. Raccapriccio e dolore, e tanti commenti dal sapore ipocrita, con il comune denominatore: «Ma io lo avevo detto che quella donna non mi piaceva» e l’immancabile «Povero criaturo». Divise ancora da una anacronistica rivalità di campanile, Cardito e Crispano, che spesso hanno il confine racchiuso nello spazio di una strada, oggi sono uniti nei sentimenti, tutti da sondare, dopo l’arresto di Valentina Casa, accusata di omicidio aggravato dalla crudeltà per la morte del figlio, il piccolo Giuseppe, sei anni, e del tentato omicidio della figlia e Noemi, otto anni compiuti lo sorso mese di marzo. Reati già contestati a Tony Badre Essobti, nuovo compagno della donna, attualmente nel reparto dei sex offender di un carcere calabrese.

IL MATERASSO
D’altronde basta passare per Via Marconi a Cardito, dove si è consumata questa assurda tragedia, e notare che fiori, peluche e giocattoli hanno lasciato il posto a un vecchio materasso, appoggiato al muro che sta lì da giorni e che nessuno rimuove. È una metafora che fa male. Perché, come ha scritto il gip Antonella Terzi nell’ordinanza di custodia in carcere per Valentina Casa, quei «poveri piccoli» sono stati «martirizzati tra le mura domestiche e abbandonati alla loro sorte da chi avrebbe dovuto, per ruolo istituzionale, vigilare su di loro». Un passaggio, contenuto nelle 64 pagine del dispositivo, che chiude il capitolo sull’assoluto immobilismo della scuola frequentata da Giuseppe e Noemi. Il primo anello di una catena di errori che ha portato alla tragedia. La scuola è l’istituto comprensivo «Quasimodo», più plessi tra le elementari e medie, che ospitano più di mille alunni.

 

Le indagini, condotte dagli agenti del commissariato di Afragola diretto dal vice questore Stefano Iuorio, coordinati dal pm Paola Izzo della Procura di Napoli Nord diretta da Fracesco Greco, hanno evidenziato due aspetti importanti. Il primo è che già da novembre le maestre di Noemi, in seconda elementare e quelle di Giuseppe, in prima, che arrivavano a scuola con evidenti segni di percosse, in uno stato pietoso, con i capelli sporchi e gli abiti che puzzavano di naftalina, sapevano che a ridurli in quello stato era il patrigno. E lo avevano segnalato al dirigente scolastico, la professoressa Rosa Esca. E allora uno pensa che di fronte a due bambini così maltrattati nel fisico e nell’animo, la scuola, intesa come rete di protezione e soprattutto di prevenzione, faccia il diavolo a quattro per segnalare sia ai servizi sociali - che sia a Cardito dove abitavano i bambini che a Crispano dove andavano a scuola funzionano per davvero - sia a polizia e carabinieri questa situazione di pericolo. E invece. Le maestre avvertirono il dirigente scolastico. La risposta della preside, secondo quanto dichiarato dalle insegnanti nel corso di un interrogatorio reso in commissariato, fu «Non dite nulla, il fatto è grave». Ieri mattina la preside Esca è stata laconica. «Non posso parlare. C’è un’inchiesta in corso. Posso solo dire che sto affrontando il periodo più brutto e delicato della mia vita e della mia attività professionale. Posso solo dirvi, senza smentita, che lavoro quotidianamente per il bene dei miei mille e cento alunni». Amen. La scuola, lenta come un pachiderma, si sta muovendo adesso. Anche se, al momento, nessun provvedimento giudiziario è stato preso per le maestre e per la preside, il Miur, come ha fatto sapere l’addetto stampa del ministro Bussetti, ha chiesto con urgenza di avere una dettagliata relazione conoscitiva: in casi come questi, un atto che precede la visita di ispettori del ministero.

LE VOCI
Crispano è come al solito sonnecchiosa, almeno in apparenza. «Ma che dite! – esclama con un moto di stizza la signora Cecilia, che ha appena portato il figlio a scuola – Non ci credo che le maestre e la preside abbiamo chiuso gli occhi davanti a quei poveri bambini». Nemmeno finisce di parlare che è interrotta da Pasquale Solimene, 84 anni, pensionato che trascorre le sue giornate ciondolando nella piazza. «Qui c’è razzismo - sentenzia - ma non quello sul colore della pelle. Crispano è una città chiusa e bigotta, e se non sei di qui, vali poco o niente. A chi importava di quei due bambini nati in costiera sorrentina, e che per giunta abitavano a Cardito. Lo scandaloso silenzio della scuola che dovrebbe proteggere e far star bene i suoi alunni, ci mette di nuovo lo “scuorno” in faccia». Il riferimento è allo scioglimento del consiglio comunale, il secondo in quindici anni, per pesanti condizionamenti mafiosi. Incredulità, stupore e anche tanta apprensione da parte di chi ha i figli che frequentano l’istituto comprensivo Quasimodo, che pure ieri era animato dal vociare allegro e confusionario degli alunni. «Lo sapete come si campa a Crispano – dice Nicola, 23 anni, operaio – con il commercio degli stracci. E se è vero quello che dite sulla scuola, vuole dire che anche la scuola i suoi stracci se li è lavati in famiglia».

APPROFONDIMENTI
«Maestre indifferenti al suo dolore»
Arrestata anche la mamma
In tremila per riccordare Giuseppe 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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