«Io, picchiato dal branco a Napoli: erano tutti minorenni, le istituzioni si sveglino»

Il giovane ferito dalla gang in piazza Dante: «Attimi di terrore e nessuno mi ha soccorso»

Babygang in azione
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di Melina Chiapparino
Venerdì 3 Febbraio 2023, 07:10 - Ultimo agg. 4 Febbraio, 09:00
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«Quei ragazzini sono usciti con l’intenzione di aggredire qualcuno, chiunque gli capitasse sotto tiro». A raccontare la violenza da “arancia meccanica” subita a colpi di manganello, domenica sera, è un 18enne napoletano, vittima di un branco di minorenni insieme ad un 14enne picchiato lo stesso giorno, con le stesse modalità a poche ore di distanza e in un altro punto della città. 

Come è stato aggredito? 
«Mi trovavo a piazza Dante, erano circa le 20 e stavo passeggiando con una coppia di amici fidanzati. Abbiamo notato, a pochi metri da noi e nella direzione opposta alla nostra, un gruppetto di ragazzini che ci veniva incontro.

Erano in cinque e alcuni di loro sembravano dei bambini ma, già a distanza, avevano cominciato a gridare qualche insulto, a provocare con frasi rivolte a me e domande del tipo “che fai qui? Dove stai andando?”. Il tono era minaccioso, finché uno di loro mi è venuto addosso, prendendomi per la giacca e iniziando a strattonarmi».

Lei come ha reagito?
«Inizialmente ho cercato di difendermi e, semplicemente, allontanare il ragazzino che mi era venuto addosso. In pochi istanti, però, sono stato assalito da tutti e cinque i ragazzini che mi colpivano con pugni e calci. In quel momento non ho reagito perché, essendo un atleta e praticando arti marziali da anni, ho pensato che mi sarei solo cacciato in un guaio ed ero convinto che resistendo, sarebbero scappati via invece, ad un certo punto, ho sentito un dolore così forte in testa che ho avuto paura». 

Cosa era successo? 
«Non l’ho capito subito, poi ho visto che uno dei ragazzini aveva in mano un manganello e me l’aveva sbattuto in testa. Mi ha colpito una seconda volta, ferendomi anche al volto e ho visto molto sangue colarmi dalla testa. La cosa che mi spaventava di più era il dolore acuto che provavo su tutto il cranio. Il manganello era nero e duro, assomigliava a quelli in dotazione alla polizia. A quel punto ho iniziato a temere il peggio ma il branco è scappato. I miei amici mi hanno portato in un bar dove mi hanno aiutato e hanno chiamato l’ambulanza».

Nessuno si è fermato ad aiutarvi durante l’aggressione?
«La gente continuava a camminare senza avvicinarsi e, altri, si tenevano a distanza. A quell’ora, chiaramente, a piazza Dante c’è ancora una grande via vai di persone. Nessuno è intervenuto ad aiutarmi, tranne una coppia di signori anziani che hanno gridato al branco di lasciarci in pace e si sono anche avvicinati. I ragazzini, allora, hanno cominciato a strattonare anche loro, per cui la coppia di anziani si è dovuta allontanare. Questa indifferenza fa male ma credo che in realtà si tratti di paura e posso comprenderlo. A mio parere è la sicurezza che manca a Napoli».

Cambierà le sue abitudini dopo questo episodio?
«Ho avuto paura e ho temuto che potessero essere armati ma non voglio che questo episodio influenzi la mia vita. Sono uno studente e voglio continuare a studiare, fare scuola guida e uscire con gli amici senza la preoccupazione di finire in ospedale perché qualcuno mi aggredisce senza motivo. Ci vogliono più controlli, più presidi di forze dell’ordine e più sicurezza in città. Ho saputo che, dopo di me, è stato aggredito un 14enne in piazza Carlo III, probabilmente dallo stesso branco. Si tratta di due piazze frequentate e centrali ma completamente abbandonate dalle istituzioni». 

Ha denunciato gli aggressori?
«Con mio padre abbiamo sporto denuncia, perché è giusto che chi commette del male se ne assuma la responsabilità ma soprattutto perché non voglio che ad altri possa accadere ciò che è successo a me».

Se la sente di perdonare il branco? 
«Non sono una persona vendicativa e sono contrario alla violenza ma per volere il perdono bisogna pentirsi realmente del male che si commette. Questo non dipende da me ma dalla volontà e dalla coscienza di chi ha sbagliato».

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