Plebiscito, il flop infopoint: «Noi assediati dai teppisti»

Plebiscito, il flop infopoint: «Noi assediati dai teppisti»
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 2 Febbraio 2022, 12:00
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L'abbandono e il degrado che soffocano chi scommette sul rilancio. Questa è la parabola di uno dei locali del colonnato del Plebiscito. Eppure, Abbac Guestitaly l'associazione di categoria del settore extralberghiero ci aveva provato. All'inizio del 2019 era stato allestito e aperto un info point per le migliaia di turisti che arrivavano nella piazza simbolo della città in ogni stagione, prima del Covid. Le cose, però, non sono andate come previsto, e oggi la porta dell'ufficio è di nuovo tristemente chiusa, circondata da scritte orribili e immondizia a ogni ora. Crisi e incertezza anche per lo storico Archivio Parisio.

A raccontarci la parabola discendente dell'infopoint al Plebiscito è il presidente di Abbac, Agostino Ingenito: «Non eravamo affidatari diretti dei locali spiega Lo era un'associazione di vittime della strada.

Entrammo in partnership con loro, versandogli un canone di 500 euro mensili, che gli affidatari versavano poi alla Prefettura. Aprimmo l'ufficio nel 2019 e andammo avanti per un anno. Chiudemmo definitivamente dopo la riapertura estiva post-lockdown». Come mai? «Il colonnato era diventato di nuovo regno di clochard e incivili prosegue Ingenito I nostri dipendenti subivano un vero e proprio mobbing da parte di senzatetto e teppisti. Si piazzavano davanti alla sede tutta la giornata. Una nostra collaboratrice venne minacciata, nell'estate del 2020, mentre svolgeva il suo lavoro. La situazione era diventata pericolosa anche per i turisti che arrivavano all'infopoint. Abbiamo perso la scommessa di restituire vitalità a quello che oggi è il luogo più degradato del portico, dal lato di via Console. Siamo stati abbandonati dagli enti pubblici. Speriamo di poterci riprovare, ma occorre un piano coordinato per combattere il degrado. Va snellita la burocrazia per far riavvicinare gli imprenditori. Oppure il Plebiscito non potrà rinascere all'insegna del decoro. Gli imprenditori assegnatari dei locali mi parlavano di difficoltà burocratiche dovute ai tanti enti coinvolti nella gestione degli spazi: Fec, esercito, prefettura, Sovrintendenza, Demanio, Comune».

Mentre si aspetta l'apertura annunciata da Gesac per la primavera del Poggio di Leopardi (ristorante a tema letterario) nei locali dell'ex libreria Treves al Plebiscito, resiste un solo artigiano sotto il portico. Più un bar e una pizzeria. Poi il deserto. Chiuso, dal lato del portico, anche lo storico Archivio Parisio, in piazza dal 1924 ma «indebitato» e con un presente non certo in discesa. «La burocrazia ha distrutto l'attività del mio Archivio - racconta Stefano Fittipaldi, titolare - Ci sono infiltrazioni nel soffitto, e non so a chi rivolgermi per risolvere il problema. Ho scritto alla Sovrintendenza ma non mi hanno risposto. Nel 2002 il Demanio centrale accettò un vincolo sui locali del Parisio proposto dalla Sovrintendenza di Palazzo Reale ricorda Fittipaldi facendo in sostanza una dichiarazione di proprietà dei locali. Ma nel 2007 mi chiamò il Fec chiedendomi arretrati sui fitti per 300mila euro. Risposi che era il Demanio che rispondeva dei beni, avendomi loro accettato il vincolo. Il Fec mi inviò dunque un fax in cui si attestava che dal 1984 il Demanio non era più proprietario di questi beni. Se nel 2002 il Demanio mi avesse avvisato che i locali erano del Fec, me ne sarei andato. Ho perso poi la causa col Fec, e non ho fatto ricorso: devo loro oltre 200mila euro. Sono indebitato a causa della poca chiarezza della burocrazia, benché io sia custode di beni dello Stato. Fino al '98 pagavo il canone al Fec per 700mila lire al mese. In quell'anno scadeva il contratto: il Fec mi chiese di adeguarlo portandolo a 8 milioni al mese, un rialzo che non avrei potuto sostenere. Fu a quel punto che la Sovrintendenza iniziò le pratiche per il vincolo, grazie a Ugo Carughi e Giulio Raimondi, Sovrintendente Archivistico dell'epoca. Il mio problema non nasce dal pagamento di un fitto mensile, che potrei rispettare. Ma dalla questione degli arretrati nata da un equivoco burocratico e confermata da un processo che ho perso. Dove li prendo 250mila euro? L'archivio è sull'orlo del baratro». 

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