«Ponticelli è abbandonata,
​i miei alunni sono terrorizzati»

«Ponticelli è abbandonata, i miei alunni sono terrorizzati»
di Mariagiovanna Capone
Mercoledì 19 Maggio 2021, 11:36
5 Minuti di Lettura

Per ventotto anni è stata docente, ma da uno è anche dirigente dell'Istituto tecnico tecnologico Marie Curie. Gabriella Russo conosce il territorio di Ponticelli come pochi, e in questi giorni in cui il boato delle bombe messe dalla camorra a poche centinaia di metri dall'edificio scolastico si sta facendo sentire, lei prova a fare ancora più rumore con impegno e dialogo, sperando che il quartiere si ribelli alla violenza partendo dalle scuole. Quattro bombe in pochi giorni, numerose sparatorie e agguati di camorra negli ultimi due mesi.

Dirigente Russo, lei ha paura per quanto sta accadendo a Ponticelli?
«Il timore è chiaro che ci può essere, chi dirige un'istituzione però non deve avere farsi annientare dalla paura ma ha il dovere di reagire per trovare una soluzione, che oggi è assai urgente.

Personalmente non ho paura, forse perché è molto più forte la responsabilità sociale e civile che sento come dirigente di un'istituzione scolastica. La paura la vedo però negli occhi dei miei studenti, molti dei quali vivono proprio nelle aree dove stanno avvenendo questi episodi criminali».


Come reagisce ai timori di questi ragazzi che vivono sotto le bombe da giorni?
«Con il corpo docente, stiamo affrontando il problema, sebbene le tematiche siano sempre un nostro punto fermo: l'Istituto Marie Curie è infatti un presidio di Libera. Per noi è molto importante che i ragazzi in questi momenti così difficili facciano emergere ansie e paure, che provano sia loro che le loro famiglie. Magari quando sono a scuola provano a dimenticare, perché si sentono più sicuri e tutelati ma quando tornano per la strada che li riporterà a casa riemergono tutte le paure».


Cosa fare, allora?
«Guardi, le sembrerà ovvia la mia risposta ma è l'unica in grado di contrastare con efficienza la criminalità: è necessario costruire una rete interistituzionale. Ci deve essere una presenza capillare e forte di tutte le altre istituzioni, perché qui le istituzioni scolastiche sono un presidio e da soli non ce la possiamo fare. Le periferie di Napoli, dimenticate e abbandonate, diventano terra di nessuno in un attimo e la scuola è un faro nel buio, è la nostra funzione sociale. Ma le altre istituzioni devono esserci di più e con costanza, perché oggi non bastano più eventi o incontri sporadici. Dal Comune di Napoli a Città Metropolitana, alla Regione Campania e al governo, devono essere presenti sul territorio costantemente. Occorre che ci sia un accordo interistituzionale per promuovere attività funzionali a una trasformazione concreta. Penso a progetti per prevenire il fenomeno criminalità, non solo per gli studenti ma anche per le famiglie perché altrimenti mancherebbe sempre qualcosa per ottenere un cambiamento radicale».


Non sente le altre istituzioni presenti?
«Attualmente lo sono con sporadici incontri ma a Ponticelli servono progetti da sostenere in pianta stabile. Le basti riflettere sul fatto che dobbiamo battagliare continuamente per far togliere immondizia e rifiuti di ogni tipo abbandonati fuori scuola. Una volta varcata la soglia hai la sensazione di trovarti nella terra di nessuno. L'Istituto Marie Curie è ubicato proprio al centro di un territorio problematico sotto molti punti di vista. Dove non c'è cura e tutela, non c'è neanche la presenza. Sono anche queste le assenze che pesano e influiscono su un territorio mortificato già dai criminali. Capisco, quindi, che questi ragazzi oggi più che mai abbiano paura e il loro unico obiettivo una volta diplomati è andare via, scappare da Ponticelli. E questo molto triste, perché loro sarebbero in grado di realizzare la concreta e giusta trasformazione sociale. Ma comprendo cosa li spinge: qui non hanno nulla, né lavoro né futuro. Andare via per questi ragazzi significa allontanarsi dal male, che qui è in abbondanza purtroppo».


Da quando dirige l'Istituto Marie Curie?
«Da un anno, ma per 28 anni sono stata docente in questa scuola, quindi è una realtà che conosco benissimo. Ho vissuto molte annate in cui si versava sangue tra le strade, e ricordo le tante promesse non mantenute. Sento forte un senso di appartenenza con il quartiere non solo da dirigente ma forse ancora di più da cittadina, anche se vivo altrove. E purtroppo devo constatare che in 28 anni non è cambiato nulla, si vive sempre in una situazione di estremo degrado, e mi si spezza il cuore pensare ai miei studenti di oggi che sono figli di quelli di anni fa, con speranze disattese. Sì, c'è una maggiore consapevolezza di alcune fasce di popolazione, ma il numero è talmente esiguo che si fa fatica a coinvolgerne altri. Questi ragazzi vogliono cambiare ma allo stesso tempo sono sfiduciati. Manca la spinta, la motivazione. Per questo dico che con quello che sta accadendo in questi ultimi mesi a Ponticelli occorrono azioni mirate e costanti, una rete di tutte le scuole del quartiere e tutte le istituzioni, affinché si recuperi quel senso di comunità che ci renderà più forti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA