Ponticelli, riapre l'orto urbano:
la terra per «sfuggire» alla quarantena

Ponticelli, riapre l'orto urbano: la terra per «sfuggire» alla quarantena
di Alessandro Bottone
Martedì 28 Aprile 2020, 14:36
4 Minuti di Lettura
Quarantasette giorni dopo Antonio, Rosanna e altri ortolani ritornano negli spazi che curano all'interno del parco comunale fratelli De Filippo di Ponticelli, quartiere nella periferia orientale di Napoli. L'adrenalina li scalda in questa giornata nuvolosa e umida. Una trentina di persone, ognuna con mascherina e guanti, ritornano a sporcarsi le mani nell'orto urbano di Napoli Est.

Prima di tutto la sicurezza. L'ingresso sarà possibile solo per poche ore al giorno e rispettando un ordine ben preciso, ovvero quello relativo al numero della singola terrazza. Si accede da un cancello autonomo rispetto a quello del parco comunale che resta chiuso fino a nuove disposizioni: lunedì dovrebbe riaprire ma potrebbero essere adottate misure ad hoc per evitare pericolosi assembramenti. I volontari del comitato civico degli ortolani controllano ogni passaggio e che siano sempre rispettate le distanze. Lo fanno in collaborazione con la dottoressa Anna Ascione, responsabile del centro diurno Lilliput, istituzione legata al dipartimento dipendenze della Asl Napoli 1 centro. Dal 2015 - dopo un primo periodo di sperimentazione con sole persone affette da problemi di tossicodipendenza - l'orto ha permesso di coinvolgere cittadini, associazioni e scuole del quartiere. Una vera e propria sfida grazie alla quale è nata una piccola comunità: sono oltre centoventi le terrazze affidate e molte di più le persone che lavorano la terra.

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Si torna a respirare e, ancora più di prima, ci si gode la quiete di questo spazio recuperato dal degrado e ridonato alla cittadinanza grazie al lavoro di numerosi volontari, la maggior parte anziani. Nel frattempo la natura ha ripreso il suo posto: sono cresciuti papaveri e margherite e ci sono molti più uccelli che si fermano sugli alberi. Si riposa anche solo ascoltando il cinguettio continuo ora che clacson e altri rumori della strada sono stati annullati. Poi ci sono i colori e i profumi di piante, fiori e altre essenze. Un piccolo paradiso in piena città.
 
 

La quarantena imposta per la diffusione del coronavirus ha creato un ritardo di oltre un mese e mezzo nella semina. Ma c'è chi ha lavorato anche a casa utilizzando piccoli vasetti per depositare i semi. Piantine che saranno poi travasate nel terreno dell'orto. Ha giocato d'astuzia Rosanna Ascione, una delle ortolane che oggi ha avuto la possibilità di accedere al bene pubblico. Ma prima di seminare bisogna eliminare le erbacce, cresciute rigogliose in queste settimane, poi bisogna vangare il terreno e concimarlo se necessario. Dopo una settimana di riposo sarà possibile gettare i semi. Tecniche ormai ben acquisite un po' da tutti, come da Antonio Romano, presidente del comitato dei cittadini che frequentano l'orto di Ponticelli. Si fa spazio per pomodori, melanzane, zucche, zucchine, fagiolini, peperoni e per tanti altri prodotti che sarà possibile raccogliere a fine giugno. C'è ottimismo e tanta energia tra i cittadini che hanno appena ripreso l'attività: i prodotti si consumano in famiglia e si regalano agli amici. C'è particolare emozione tra coloro che oggi hanno avuto la possibilità di sporcasi le mani in questa oasi di tranquillità.

Una valvola di sfogo. Sicuramente la cura dell'orto è una esperienza importante dal punto di vista psicologico per tanti anziani, e non solo, bloccati in casa dalla quarantena e, quindi, lontani dalla loro passione. Un momento per tornare a socializzare nonostante le distanze per evitare i contagi. Con la schiena china per rimuovere l'erba pungente c'è spazio per battute, consigli e una chiacchierata. L’orto di Ponticelli resta ovviamente lo spazio adeguato anche per persone affette da diverse forme di dipendenza, come da alcool e da droga. Si cerca di trasmettere loro il senso della cura proprio attraverso l’attenzione verso piante e ortaggi ma anche nella preparazione del terreno stesso. È l’obiettivo del laboratorio di ortoterapia che coinvolge una decina di persone accompagnate da Rosaria D’Ambrosio, educatrice del centro Lilliput. Non si guarda al prodotto finale, non si coltiva per produrre ma per ricostruire la propria personalità e per creare nuovi rapporti, umani e non solo. Le ore trascorse tra le terrazze restano decisive per chi soffre di dipendenza perché tiene loro lontani dalle insidie.

Nonostante la fase delicata per la minaccia del virus si immagina già il prossimo futuro dell'orto. Bisogna organizzare uomini e risorse, non appena sarà possibile farlo in sicurezza, per ripulire una enorme area del parco di proprietà del Comune di Napoli nella quale si potranno creare almeno altre cento terrazze così da rispondere alle numerose richieste dei residenti. Per ora, però, ognuno resta nella propria terrazza nel rispetto degli altri e delle necessarie distanze. Il ritorno nell'orto è già una grande conquista!
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