Povertà, l'allarme della Caritas: «In Campania situazione peggiorata»

Povertà, l'allarme della Caritas: «In Campania situazione peggiorata»
di Fiorangela d’Amora
Martedì 20 Novembre 2018, 08:50 - Ultimo agg. 19:17
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Povertà in aumento in Campania: gli italiani sono in difficoltà più degli stranieri, la crisi occupazionale ricade sui giovani, e questi, sebbene siano formati e abbiamo conseguito un titolo di studio, vivono grazie ai sussidi familiari. È il quadro che emerge dal dossier regionale sulle povertà 2018 della Caritas, stilato grazie al coinvolgimento di 15 diocesi e 80 Centri di ascolto Caritas della Campania. Aumenta la povertà relativa, che in due anni è passata dal 17,6% del 2015 al 24,4% del 2017. Nell’ultimo anno le persone transitate nei Centri di Ascolto (CdA) in rete della Campania sono state 6.914 e quelle che che hanno ricevuto direttamente o indirettamente aiuto dai CdA ben 24.000. Di queste i due terzi sono italiani (69%); i migranti sono invece 2.119 e raggiungono il 30,7%.  
Il dato più preoccupante riguarda il disagio sociale e economico delle persone che hanno chiesto aiuto alla Caritas: «A partire dalla crisi economica del 2008 - si legge nel dossier - la percentuale degli italiani rispetto agli stranieri ha cominciato a crescere, passando dal 38,2% del 2008 al 69,0% del 2017». Un dato che si evidenzia ancora di più analizzando il record assoluto campano, rispetto al resto d’Italia, che riguarda le richieste di inserimento al reddito di inclusione(Rei) fatte dal gennaio al settembre 2018: 90 mila famiglie, 301.530 singoli, per un importo medio erogato di 335,82 euro. Numeri che solo la Sicilia riesce quasi ad eguagliare con 87mila domande di accesso al Rei. Tutte le altre regioni hanno numeri decisamente inferiori: basti pensare che al terzo posto c’è la Puglia con appena 27.198 famiglie, 76.467 persone, 302,27 euro erogati. Il più alto coinvolgimento di persone e di nuclei familiari dimostra che la Campania è la regione con la più elevata presenza di condizioni di povertà. «La situazione più comune è quella della disoccupazione cronica - si afferma nel dossier - dalla quale consegue un problema di povertà e di precarietà abitativa». Quasi la metà delle persone che si rivolgono ai CdA campani hanno conseguito un livello minimo di istruzione previsto per legge (42,7% ha una licenza media inferiore), mentre una persona su cinque ha solo la licenza elementare (20,3%). In pratica 7 persone su 10 non hanno un’istruzione adeguata. 

Tra i centri Caritas più grandi della Campania c’è quello diretto da don Mimmo Lionetti della Diocesi di Sorrento e Castellammare. «Il cuore delle nostre attività sono proprio i centri di ascolto – racconta don Mimmo - tutti i giorni mattina e pomeriggio registriamo le richieste di aiuto e cerchiamo soluzioni. Molto ci arriva dalle parrocchie, che ci segnalano casi singoli per i quali c’è necessità del nostro intervento». Bollette da pagare e lavoro sono le prime necessità in provincia di Napoli. L’analisi dei bisogni non lascia dubbi: al primo posto c’è la problematica lavorativa (61,7%), seguono coloro che chiedono sostegno economico (50,02%); il 21,8% ha invece difficoltà abitative, il 16,6% disagi familiari. Le richieste principali riguardano quindi la necessità di beni e servizi per il 50,7% (bollette da pagare, pacchi alimentari, spese familiari), sussidi economici per il 32,7%, un ascolto approfondito per il 23,2%.

La crisi occupazionale ha colpito soprattutto i giovani. Per questo motivo, nella stesura del Dossier Povertà 2018, Caritas Campania ha deciso di realizzare un’indagine approfondita su un campione di 1550 soggetti di età compresa tra i 15 e i 34 anni, intercettati dalle Caritas e dalle Pastorali del lavoro delle diocesi campane, impegnati in attività di studio e formazione o nel mondo del lavoro. Le evidenze emerse raccontano di una generazione altamente qualificata: tra gli over 30 il 41,2% degli intervistati è laureato, un dato leggermente superiore rispetto alla media europea e di oltre 15 punti più alto del dato italiano. Si tratta di giovani che però vivono praticamente in attesa, impossibilitati a rendersi autonomi, a staccarsi dalla famiglia e avere un proprio progetto di vita. Il 72,8% vive con i genitori, appena il 9,5 da solo, il 7,1 in coppia con figli. Tra chi ha un posto di lavoro il 37,9% ha ottenuto un contratto a tempo determinato, il 23,8% lavora senza contratto, il 21,7% ha un lavoro a tempo indeterminato e solo il 16,6% è un libero professionista. Come conseguenza dello stato di perenne attesa dei giovani la fonte di sostentamento delle nuove generazioni non possono che essere le famiglie (57,4%): solo uno su quattro, il 25,%, vive del proprio lavoro.
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