Pozzuoli, aggrappati al Rione Terra per battere crisi e degrado

Pozzuoli, aggrappati al Rione Terra per battere crisi e degrado
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 24 Marzo 2022, 08:42
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Ci sono luoghi, sparsi lungo la provincia di Napoli, che potrebbero vivere di rendite naturali. Pozzuoli è tra questi: il mare, il fuoco che si nasconde nel suo ventre e si sprigiona dalle solfatare, ma anche la storia scolpita nelle meraviglie archeologiche sopravvissute ai secoli basterebbero da sole a sviluppare un'economia di prosperità e sviluppo, garantendo ricadute di benessere quotidiano per i suoi 76mila abitanti. Invece così non è. Sospesa tra passato e presente, Pozzuoli rischia oggi di venire risucchiata dai gorghi della crisi globale, prima ancora che dalla dimensione locale dei guai quotidiani.

La chiamavano la fabbrica con vista sul mare più bella del mondo, ed era vero. Solo un uomo come Adriano Olivetti avrebbe avuto il coraggio e la forza di puntare su Pozzuoli realizzando prima ancora che una fabbrica all'avanguardia, un sogno, un concetto etico d'impresa capace di unire l'attenzione per gli operai alla produttività. Una fabbrica bella architettonicamente, immersa in una zona verde, con al suo interno una mensa, una biblioteca, spazi per il riposo, un laghetto, vialetti, sdraio per le ore di intervallo. Quel gioiello nato sul mare nel 1953 e produsse calcolatrici d'avanguardia fino alla fine degli anni 90. Oggi si spera in una riqualificazione. Pozzuoli negli anni ha perso anche un altro fiore all'occhiello: la Sofer, che produceva materiale rotabile ferroviario e di autobus (dalle sue officine uscivano locomotive, ETR 500, TAF e rotabili per metropolitane).

Oggi Pozzuoli si risveglia nella consapevolezza di dover affrontare antichi problemi e nuove sfide appesantite da una crisi che morde ferocemente. Basta fare un giro all'interno del suo mercato ittico per rendersi conto di come anche questa consolidata risorsa stia perdendo colpi. «Guardatevi intorno e fatevi un'idea - spiega Antonio, titolare di uno dei banchi un tempo presi d'assalto sin dalle prime ore del mattino - Qui c'è il deserto. Prima il Covid, adesso la guerra e gli aumenti dei costi di bollette e carburanti: in un paio d'anni abbiamo perso il 70 per cento del fatturato». E così un'ottantina di operatori mercatali vede sempre più da vicino lo spettro di nuove chiusure.

Hanno la rabbia stampata sui volti, pescatori e pescivendoli. Le avvisaglie si erano registrate già a Natale, con il dimezzamento delle vendite. «Oggi - aggiunge Nicola, titolare di una delle principali paranze puteolane - sopravviviamo ancora grazie ai clienti della ristorazione: perché sappiamo bene che venire da Napoli qui per acquistare pesce significa raddoppiare i costi degli spostamenti in auto, e a questo punto i clienti si rivolgono alle pescherie sotto casa». Qualcuno ha addirittura calato i prezzi al dettaglio di alici e frutti di mare, nel tentativo di attrarre i compratori.

Forse per la stragrande maggioranza dei cittadini onesti di Pozzuoli e Monterusciello la camorra rappresentava anche un problema. Oggi le emergenze da queste parti sembrano essere diventate altre. Come riuscire a far quadrare i conti, pagare i libri di scuola ai figli, sopravvivere all'ondata di rincari, riuscire a non chiudere alberghi, ristoranti e bed & breakfast.
Allora capisci perché comincia a montare la rabbia tra tanti: dallo studente costretto a fare i tripli salti mortali ogni mattina per raggiungere l'università, alla massaia che con le buste della spesa in mano attende inutilmente un mezzo pubblico per tornare a casa.

Il fallimento del CTP, la Compagnia di trasporti pubblici ha dato il colpo di grazia al diritto alla mobilità di un bacino enorme di persone. Sentito ancor maggiormente nell'area flegrea, e nella stessa Monterusciello, che - ad onta della sua permanente condizione di frazione di Pozzuoli rappresenta ormai una città nella città, con i suoi oltre 35mila abitanti (pensate, Gorizia ne ha mille in meno).

La rabbia monta sempre più forte oggi anche perché sono in tanti ormai a credere che nell'ultimo decennio, qui più che altrove, sia mancata una capacità progettuale, un disegno capace di immaginare un servizio di trasporto pubblico anche su ferro capace di far sentire tutti, ma proprio tutti, cittadini di serie A e non figli di un dio minore.



E pensare che Pozzuoli - come tutta l'area dei Campi Flegrei - avrebbe potuto vivere di rendita. Di quel capitale unico e formidabile, dono di una natura e di una storia che qui non si sono risparmiate. La grande speranza è riposta nella riapertura del Rione Terra: un luogo magico, un incanto che la sapienza di restauri di eccellenza dovrebbe destinare a cittadella turistica. Oggi lo si può già visitare, ma è come percorrere un borgo fantasma. Immaginare il futuro di Pozzuoli qui, con alberghi, strutture ricettive, ristorantini tipici e mostre d'arte, è il sogno che però, almeno per il momento, sembra restare appeso a un filo.
Langue il turismo. Praticamente tutte le strutture ricettive - pensioni, alberghi, B&B - hanno chiuso i battenti per il Covid.

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Qualcuno è passato anche di mano, con tutti i rischi legati alle cessioni che si formalizzano nei momenti di crisi, quando non puoi non guardare con sospetto a chi ti offre somme anche consistenti cash. E con il turismo si spegne inesorabilmente tutto l'indotto: a mezzogiorno - a ridosso della banchina del molo dal quale continuano a salpare almeno i traghetti verso le isole - ci sono tanti taxi in attesa di clienti. Per i conducenti ogni chiamata radio è oro, perché ormai qui nessuno usa più le auto bianche. «La crisi - racconta Massimo Granile, delegato UTI - era già scoppiata dopo la chiusura della Solfatara, in seguito alla tragedia culminata nella morte di un'intera famiglia di turisti precipitati in un cratere. Fino ad allora qualcosa si muoveva. Poi è arrivata la pandemia, e negli ultimi tre anni persino l'Accademia Aeronautica ha smesso di organizzare eventi, con i quali pure riuscivamo a campare. Oggi, come potete vedere, siamo fermi, e non sappiamo quanto riusciremo a resistere».

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