La Procura ricorre contro l'assoluzione ora rischia il figlio del boss di Gomorra

La Procura ricorre contro l'assoluzione ora rischia il figlio del boss di Gomorra
di Dario Sautto
Sabato 16 Febbraio 2019, 12:30
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Assolto in primo grado dal tentato omicidio dello zio, la Procura di Torre Annunziata ricorre in Appello contro il figlio del boss che ha prestato la sua casa per girare Gomorra. A meno di sei mesi dall'assoluzione, rischiano il nuovo processo Raffaele Gallo, oggi 19 anni, figlio di Francesco o pisiello, il camorrista al 41 bis che aveva fittato la sua abitazione (dove fu ambientata la casa del boss Savastano della fiction) e il 20enne Vincenzo Falanga, noto come' o gemello, imparentato con alcuni affiliati al clan Gallo-Cavalieri. I due giovanissimi erano accusati di tentato omicidio, perché ritenuti i killer che spararono all'impazzata contro una Mercedes in via Cuparella, il 27 gennaio 2017. L'obiettivo, secondo l'accusa, era lo zio di Gallo, 32enne incensurato, fratello della mamma. La donna, irreperibile anche per la testimonianza a processo, avrebbe dovuto «pagare» la fine della relazione tra lei e il papà del 19enne, ritenuto a capo di una frangia di narcotrafficanti legati al clan Gallo-Cavalieri. Dopo la separazione, poi, aveva avviato un legame sentimentale con il figlio di un ex killer del clan Gionta, acerrimo rivale proprio dei Gallo all'epoca della faida di camorra. Dunque, le «voci di strada» raccolte dalle forze dell'ordine e dagli stessi parenti della vittima designata intercettate dai carabinieri e finite nel fascicolo del sostituto procuratore Emilio Prisco avevano portato alla costruzione del castello accusatorio, che però non ha retto.
 
Nel frattempo, per circa un anno i due presunti baby killer «imprecisi» sono stati in carcere, fino al giorno dell'assoluzione. Adesso, assistiti dagli avvocati Ciro Ottobre, Raffaella Farricelli, Giuseppe De Luca e Roberto Cuomo, saranno di nuovo a processo per gli stessi fatti. La Procura, infatti, ha presentato ricorso, precisando meglio gli elementi accusatori. «I racconti sono tutti convergenti» è la tesi dell'accusa, smentita dalla discussione condotta dall'avvocato Ottobre che aveva fatto notare come si trattasse «di ipotesi e racconti de relato, calati in una situazione familiare già complicata per la separazione dei coniugi e l'affidamento dei figli». Nel corso del processo, diverse le «stranezze» emerse. Come la testimonianza del giovane rimasto ferito nell'agguato che, al termine della deposizione, si era girato verso il gabbiotto nel quale erano seduti i due imputati e li aveva salutati. Un elemento che può essere letto in una duplice chiave: per la difesa, Gallo e Falanga non sono i killer che avevano quasi ammazzato l'obiettivo; per l'accusa, invece, il timore della giovane vittima nei confronti del figlio del boss l'aveva portato a superare anche l'astio nei suoi confronti.
 
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