Professore ucciso a scuola a Melito, Marcello prossimo alla pensione e col sogno del buen retiro nel Cilento

Professore ucciso a scuola a Melito, Marcello prossimo alla pensione e col sogno del buen retiro nel Cilento
di Gigi Di Fiore
Giovedì 29 Settembre 2022, 08:19
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Inviato a Melito

La scuola media «Marino Guarano» in via delle Magnolie è chiusa. Lo sarà fino a domani compreso, per decisione della direttrice scolastica Marina Riccio. All’ingresso, adagiato a lato del cancello giallo e grigio sbarrato, un fascio di fiori con un biglietto: «senza parole, solo dolore». È dei docenti, colleghi di Marcello Toscano, il professore 64enne di sostegno veterano della scuola ucciso nel cortile dell’istituto con ben sei coltellate. Violenza feroce, in una scuola ora sbarrata dove i commenti della direttrice scolastica sono affidati a un freddo comunicato, ponderato dal mattino: «Ci uniamo al dolore della famiglia del nostro carissimo Marcello, docente amato e caro a tutti». E ancora: «Ci mancherà il suo umorismo e la sua generosità».

In molti si chiedono come sia stato possibile che una scuola, priva comunque di telecamere di sicurezza, sia stata teatro di un omicidio in orario lavorativo. Se lo chiede il fratello della vittima, Giovanni, medico a Frattamaggiore, che ripete come un mantra «era una persona perbene» e, non accorgendosi che la scuola è chiusa, continua a bussare inutilmente il citofono. Aggiunge: «Mio fratello era venuto a lavorare a scuola, ha trovato la morte. Vogliamo capire cosa è successo».

Nonostante i suoi tanti progetti sulla legalità, la «Marino Guarano» rischia di diventare scuola identificata in episodi violenti. L’omicidio del professore Toscano, che tra due anni sarebbe andato in pensione nel desiderio di andare a vivere a Montecorice in Cilento, è stato preceduto da un altro episodio inquietante.

A maggio, un tredicenne della terza media, era stato ferito con un temperino da un compagno di classe. Hanno dovuto medicarlo all’ospedale Santobono di Napoli con tre punti di sutura. 

 

In questa stessa scuola, lavora in segreteria uno dei due figli del professore ucciso: Ciro. Come il padre, è laureato in ingegneria informatica. Proprio Ciro si è insospettito del ritardo del padre e ha dato l’allarme alla mamma Rosangela, che insegna, e alla sorella Ezia, laureata in matematica e anche lei dipendente di segreteria in una scuola di Roma. Rosangela e Ezia tornavano proprio da Roma, quando sono state avvisate da Ciro. Nessuno di loro avrebbe mai immaginato di trovare l’auto di Marcello Toscano ancora parcheggiata fuori la scuola e il suo corpo senza vita in un’aiuola nel cortile dell’edificio. Scuola insicura, come questo territorio dove negli ultimi mesi sono aumentati gli episodi di criminalità e il 20% dei residenti ha denunciato di essere stato vittima di rapine, furti, o altre violenze.

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Fuori la scuola, c’è anche il giornalista Marcello Curzio, cugino di primo grado della vittima. È arrabbiato per un delitto che appare inspiegabile. Racconta: «Siamo andati insieme in Cilento due settimane fa. Mio cugino era un uomo mite, amante dell’ambiente e del suo lavoro. Tutta la sua famiglia lavora nel settore scolastico. Bisogna chiedersi come sia possibile morire di giorno in una scuola, senza un perché. Qui lo Stato ha abdicato da tempo».

Fuori l’edificio scolastico, si fermano alcuni colleghi di Marcello Toscano. Come Andrea Cipolletta che non ha dubbi: «L’aspetto più grave è che il delitto sia avvenuto nella scuola, diventata terra di nessuno. Non so perché, eravamo amici da anni, lui era molto presente sul territorio». Marcello Toscano viveva nella vicinissima Mugnano, dove aveva aperto anche una scuola paritaria, la Happy school, venduta un anno fa. A Mugnano era stato anche consigliere comunale fino al 2020. Ma fuori la scuola, si ferma anche il sindaco di Melito, Luciano Mottola: «Questo delitto nel cortile di una scuola è in punto esclamativo della nostra emergenza sicurezza, su cui inutilmente ho cercato l’attenzione del governo centrale senza ricevere risposte. Non ho i mezzi per fronteggiare l’emergenza delinquenziale della mia città, chiedo al governo di aiutarci». Sei agenti di polizia locale, solo dieci carabinieri su un territorio difficile che fu anche terreno di scontro nella guerra tra i clan di Scampia. Una zona dove su 37mila abitanti, quasi duemila hanno il reddito di cittadinanza. Qualcuno viene utilizzato dal Comune per la sorveglianza fuori le scuole. Un territorio dove quest’estate sono stati aggrediti dei sanitari della guardia medica e dove un’inchiesta di un anno fa sul clan Amato-Pagano, sempre presente, accertò che ben 500 negozi subivano estorsioni. Un cinema privato, una biblioteca che funziona poco. Area da emergenza e una residente dice: «C’è paura a girare di notte. Fuori questa scuola di sera è pericoloso». Eppure, nella rassegnazione, domenica a Melito ha votato solo il 48% dei residenti.

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