Quagliarella vittima di un poliziotto stalker. Il padre: «Mio figlio Fabio lo denunciò»

Quagliarella vittima di un poliziotto stalker. Il padre: «Mio figlio Fabio lo denunciò»
di Dario Sautto
Mercoledì 18 Febbraio 2015, 14:47 - Ultimo agg. 16:21
2 Minuti di Lettura
Castellammare di Stabia. «Sì, mio figlio ha presentato numerose denunce per le lettere e i messaggi ricevuti». La conferma è arrivata da Vittorio Quagliarella, padre di Fabio, ascoltato ieri durante il processo che vede imputato per stalking l'assistente capo in servizio presso la polizia postale di Napoli, Raffaele Piccolo. Una decina le persone – tra vip e professionisti – erano finite nel mirino del «poliziotto-stalker», e tra questi proprio l'ex attaccante di Napoli e Juventus, ora in forza al Torino. Proprio lui fu oggetto di una serie di lettere anonime – giunte anche nelle sedi dell'Udinese, della Sampdoria e della Juventus, le squadre in cui ha giocato – in cui si parlava di festini e di contatti con la camorra.



Le indagini, coordinate dalla pm Barbara Aprea della procura di Torre Annunziata, hanno portato al processo che si sta tenendo davanti alla giudice del tribunale oplontino Maria Rosaria Aufieri. Sono solo 4 le parti civili ammesse, e tra queste figura proprio il calciatore stabiese. Ieri, per quasi quattro ore, è stato ascoltato come testimone il padre dell'attaccante nativo di Castellammare, all'epoca dei fatti (tra il 2006 e il 2010) anche bomber della Nazionale. La prossima udienza, fissata a fine mese, prevede il controesame del teste e la fissazione di una nuova data, quando presumibilmente sarà chiamato a testimoniare proprio Fabio Quagliarella, vittima di stalking da parte del poliziotto napoletano.



Secondo le ricostruzioni investigative, tutti i personaggi finiti nel mirino di Piccolo ricevevano finte accuse e foto ritoccate che arrivavano via mail ed sms. Poi, fingendosi loro amico, il poliziotto li contattava con una scusa promettendo di risalire all'artefice del tutto, riuscendo così ad ottenere in cambio numerosi benefit. Lettere, messaggi, accuse, insulti di ogni genere, minacce di morte per i parenti e foto false che ritraevano il malcapitato con i bambini: era questo ciò che usava Piccolo per intimidire Quagliarella e gli altri caduti nella sua rete, costringendoli poi a rivolgersi ad un esperto di indagini telematiche come lui. A quel punto diventava amico delle vittime, costruiva altri episodi condendoli con «verità» e cercava di ottenere benefici di ogni genere come, ad esempio, vacanze a Capri pagate da un imprenditore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA