Razzismo, i babybulli crescono su Instagram e WhatsApp

Razzismo, i babybulli crescono su Instagram e WhatsApp
di Giuliana Covella
Domenica 17 Febbraio 2019, 13:00
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L'odio tra gli adolescenti corre sui social ed è rivolto soprattutto a omosessuali e migranti. Una fotografia allarmante quella che riguarda i minori di tutta Italia, di cui si è parlato nel corso del convegno Tecnologia e competenza sociale, presso il complesso monumentale di Sant'Anna dei Lombardi. Nel corso dell'incontro, organizzato dall'associazione Social Skills in collaborazione con il gruppo Gesco e l'Accademia di Formazione Ceripe, sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta su 1.035 scuole italiane - di cui il 64% campane - da Maura Striano, docente di Pedagogia generale e sociale all'Università Federico II di Napoli, che ha evidenziato quanto il fenomeno dei discorsi d'odio sia diffuso tra i ragazzi di età compresa tra 11 e 16 anni. I maggiori social utilizzati per bullizzare i più deboli sono Instagram e WhatsApp.
 
Altrettanto allarmanti i dati che vedono 6 adolescenti su 10 dormire col cellulare sotto il cuscino: cattiva abitudine che provoca atteggiamenti di rabbia e aggressività verso gli altri, scaturita da ansia, sbalzi d'umore e disturbi del sonno. Il convegno ha cercato di approfondire cause ed effetti, vantaggi e rischi dell'utilizzo delle tecnologie e dei nuovi media per i minori. «Primo germe del bullismo», secondo Striano, è l'odio diffuso sui social: «Nella ricerca abbiamo analizzato gli adolescenti esposti a discorsi di odio, i soggetti sui quali si riverbera quest'odio e in che modo si può intervenire. Partendo dalla Campania, abbiamo proseguito con le isole, Sicilia e Sardegna, poi Emilia Romagna, Toscana e le altre regioni: è emerso che il fenomeno è diffuso dappertutto. Interessante è stato constatare che gli studenti sono esposti a discorsi d'odio solo tramite la rete». Principale «veicolo» di odio e razzismo è Instagram, mentre «Facebook è praticamente assente». Ma è soprattutto WhatsApp che, «essendo uno strumento di connessione tra le reti sociali più di prossimità, cioè che mi connette con il mio gruppo di compagni di scuola, mette in circolazione discorsi d'odio», sottolinea la docente. C'è insomma una specie di passaparola e l'odio circola. «Questo è sicuramente ciò che porta a episodi di bullismo - dice Striano - perché leggendo i dati, ad esempio, alla domanda se si trova in rete un commento razzista o omofobo il 67% risponde no, il 32% sì». Quali le soluzioni? «Partire da questi dati, da ciò che dicono i ragazzi, chi si odia, come si odia, per costruire un curricolo formativo fatto di racconti filosofici che utilizzeremo nelle scuole, per riflettere su odio e violenza». Tra le altre insidie della rete le challenge, catene digitali. O il vamping: chattare fino all'alba con amici o fidanzati, che può avere serie ricadute sul rendimento scolastico».

«Si tratta di un tema che riguarda la vita di tutti i giorni di ognuno di noi. Li utilizzo molto, ma non sono un drogato dei social nel senso che non guardo con simpatia chi ha sostituito i rapporti umani col mondo virtuale». Così il sindaco Luigi de Magistris, intervenuto al convegno sulle insidie del web per i minori. «I social hanno avuto un grande pregio - ha aggiunto - avvicinare le persone. Ma dobbiamo stare attenti alla comunità del rancore anche da parte della politica». Al dibattito hanno partecipato, tra gli altri, Sergio D'Angelo, presidente di Gesco; Annamaria Schiano, presidente del Ceripe; Salvatore Pace, vicesindaco della Città Metropolitana.
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