Rider aggredito e picchiato a Napoli, la storia di Gianni Lanciato: «Mai più, troppi rischi e pochi soldi»

Rider aggredito e picchiato a Napoli, la storia di Gianni Lanciato: «Mai più, troppi rischi e pochi soldi»
di Valerio Iuliano
Martedì 21 Giugno 2022, 07:00 - Ultimo agg. 22 Giugno, 09:20
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«Ora sto facendo il mio mestiere. Preferirei non ripensare a tutto quello che è accaduto. Faccio il macellaio in un discount». Gianni Lanciato, il rider aggredito nella notte tra il primo e il 2 gennaio 2021 a Capodichino, è intenzionato a guardare avanti. Il ricordo del pestaggio subito gli ha fatto maturare la consapevolezza della necessità di dedicarsi ad un'attività più consona alle sue aspettative. Il mondo del delivery food appartiene ormai al suo passato. «È stata solo un'avventura. Non è un bel mestiere», spiega Lanciato.

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Adesso è riuscito a trovare un lavoro più gratificante?
«Faccio lo stesso mestiere da 30 anni, salvo una parentesi da rider.

Adesso lavoro in un supermercato a Casavatore. All'interno del discount c'è una macelleria gestita da una ditta privata. E io lavoro nella macelleria».

Si tratta dello stesso lavoro che iniziò pochi giorni dopo l'aggressione?
«Dopo quel brutto episodio iniziai a lavorare in un discount. Era un lavoro a termine. Quando si concluse, sono ritornato a fare il rider per quattro mesi. In quella circostanza ho capito definitivamente che il mondo delle consegne a domicilio non era adatto a me».

E poi che cosa ha fatto?
«A quel punto, sono tornato a lavorare presso la macelleria all'interno del discount. L'attività di macellaio l'ho sempre fatta. Conosco molto bene il mondo della grande distribuzione. Avevo già lavorato per 25 anni in una nota catena straniera. Ho trovato lavoro con le mie forze. Non ho problemi a farlo».

La sua occupazione attuale la soddisfa?
«Il mio lavoro si svolge dalle 7,30 alle 21. Ho un contratto di 3 mesi, che è rinnovabile. Non ho tredicesima e non godo dei diritti previsti dai contratti nazionali di lavoro. Ma è sempre meglio che fare il rider».

Che cosa le ha lasciato la sua esperienza da rider?
«Ho capito che si tratta di un'attività usurante, faticosa e soprattutto pericolosa. Devi andare in giro a bordo di un ciclomotore, recarti in zone isolate, dove da un momento all'altro ti possono tendere un agguato. Ne ho avuto la dimostrazione un anno e mezzo fa a Calata Capodichino. Facevo il rider per una cornetteria. Ho incontrato sei ragazzi che mi pestarono. Non lo rifarei più quel lavoro. Meglio non pensarci più».

Dunque non consiglierebbe a nessuno di fare il rider?
«I ragazzi che praticano questa attività sono autonomi. Usufruiscono del sistema del free login, che consente ai rider di entrare e uscire dalle piattaforme. Possono uscire a una certa ora e rientrare anche a mezzanotte. Questo sistema offre ai ragazzi molta libertà. A volte guadagnano bene, se riescono ad ottenere molte consegne. Ma, ripeto, si tratta di un lavoro usurante, soprattutto in inverno. Ed è faticoso e insicuro. Ognuno fa le sue scelte. Per me è stata una parentesi che è durata complessivamente due anni. Se volessi rifare il rider, potrei farlo in qualunque momento. Ma non voglio più rivivere quell'esperienza».

Le fa piacere ripensare a tutte le manifestazioni di solidarietà che ha avuto dopo l'aggressione?
«Ho avuto molte offerte di lavoro, ma preferii rinunciare perché si trattava di occupazioni inadatte a me. E soprattutto volevo fare tutto da solo, senza approfittare dell'aiuto degli altri. Io non ho mai amato stare davanti ai riflettori. Sono piuttosto schivo. Ora mi piacerebbe incontrare nuovamente l'arcivescovo Battaglia».

Attualmente spera di continuare la sua attività?
«Lavoro molte ore. Ma d'altronde chi le controlla queste situazioni in Italia? Mi pare che nessuno se ne preoccupi, nemmeno il governo. E non parlo solo di me, ma di milioni di persone. Nel nostro Paese c'è un sistema che non va bene. È quello del mondo del lavoro. Ho due figli, di 21 e 18 anni. Sono disoccupati».

Spera ancora in un posto fisso?
«Questo è il mio principale desiderio».

Il posto fisso?
«Una domanda devo farla. Ma perché in Italia non si riesce più a tenere in considerazione i diritti delle persone? Mi piacerebbe trovare un lavoro più adatto. Nella grande distribuzione, non è facile proseguire. Le macellerie vengono affidate in gestione ai privati. La situazione è complicata. Ci sono grandi catene straniere che hanno lasciato l'Italia e nessuno se ne è occupato. Proverò a mandare il curriculum all'Asia. Vediamo che cosa accade». 

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