Rider picchiato e rapinato a Napoli, il branco era recidivo: un altro colpo solo un'ora prima

Rider picchiato e rapinato a Napoli, il branco era recidivo: un altro colpo solo un'ora prima
di Leandro Del Gaudio
Martedì 12 Gennaio 2021, 08:30 - Ultimo agg. 18:40
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Hanno consumato una rapina un'ora prima di aggredire e picchiare quel rider. Avevano portato via uno scooter, poi usato come ariete per depredare un lavoratore precario del delivery, trascinandolo a terra fino a strappargli la moto. Hanno avuto decisamente mano libera, quella notte. Prima un colpo, poi un altro. Due scooter, due azioni predatorie, roba buona da inserire nel mercato della ricettazione e dare inizio in modo dignitoso - almeno dal loro punto di vista - il nuovo anno. È questo uno dei particolari che emergono dall'informativa che sta alla base degli arresti del branco che ha agito in via Calata Capodichino, quei sei soggetti (quattro minori e due ventenni), che hanno riempito di botte un uomo di cinquanta anni, che trasportava pizze e cornetti da un punto all'altro della notte napoletana.

Due colpi in una sola ora, tra Capodichino e Secondigliano, senza correre il rischio di incappare in un arresto o in un posto di blocco.

Brutta storia, a proposito del rider. È la notte tra il primo e il due gennaio scorso, quando i sei si danno da fare. Chi abbia fatto cosa, non è chiaro. Resta il fatto che sono tutti responsabili del concorso in ricettazione, a proposito della prima rapina, oltre che della rapina aggravata dalla crudeltà, in relazione al linciaggio del rider.

Ma proviamo a fare chiarezza. Ricordate la storia di Gianni Lanciato? Rider cinquantenne, vittima di un pestaggio mentre prova a difendere lo scooter - la sua azienda - con cui sbarca il lunario, in attesa di tempi migliori. Tutto viene filmato da un cittadino al balcone, che poi posta il video che diventa iconico. Inchiesta, arresti. Oggi il primo round dinanzi al Riesame, con una udienza che si gioca tutta sulle esigenze cautelari. Difesi - tra gli altri - dai penalisti Carlo Ercolino, Luca Mottola, Caterina Sanfilippo, i quattro minori hanno confessato, secondo lo schema del minimo sindacale: hanno ammesso quello che non potevano negare, senza offrire altri particolari spunti. Stesso tenore delle dichiarazioni rese dai due maggiorenni, difesi dagli avvocati Diego Abate e Giovanna Cacciapuoti - anche in questo caso hanno ammesso la storia della rapina, limitandosi però a sostenere di aver fatto una sciocchezza. E non è tutto. Ci sono altri punti che hanno spinto i giudici (sia del Tribunale ordinario che quello dei Colli Aminei) a negare benefici. Nel corso dei vari interrogatori, i sei indagati non hanno fornito alcuni particolare in relazione alla possibilità di ritrovare coltello e pistola, vale a dire le armi che sarebbero state usate per consumare l'aggressione.

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Che fine hanno fatto quelle armi? E perché hanno colpito in modo tanto duro? Possibile a questo punto ipotizzare che il branco si sia lasciato condizionare di fronte alla facilità della prima rapina. Dopo il primo colpo, non hanno digerito la reazione determinata con cui il rider ha provato a difendere il proprio scooter. Di qui l'azione violenta. Con tanto di aggravante della crudeltà, come sottolineato in sede di convalida dei fermi dai due giudici finora interessati alla vicenda. Questa mattina tocca al Riesame, che dovrà ricostruire le ore passate a imperversare da un punto all'altro della zona rossa napoletana, prima di finire nelle maglie di un video diventato formidabile prova di accusa.

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