Rider picchiato e rapinato a Napoli: «Perdono i miei aggressori, è tutta colpa dei genitori»

Rider picchiato e rapinato a Napoli: «Perdono i miei aggressori, è tutta colpa dei genitori»
di Giuliana Covella
Martedì 5 Gennaio 2021, 12:08 - Ultimo agg. 16:23
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«Li ho già perdonati, nel momento stesso in cui si accanivano come belve su di me. La colpa non è loro, ma dei genitori che evidentemente non li hanno seguiti abbastanza. A quei ragazzi dico: non scegliete la strada dell'illegalità e della violenza. Avete la facoltà di scrivere il vostro futuro». Seduto in piazza Municipio sullo scooter che la polizia ha ritrovato e gli ha restituito ieri pomeriggio, dopo che sabato notte una banda di 6 giovani delinquenti, tra cui alcuni minorenni, glielo aveva rubato Gianni Lanciato, 50 anni, padre di due figlie di 15 e 19 anni, ragiona su quanto gli è accaduto e assicura di non provare nessun sentimento di odio verso quei ragazzi che lo hanno picchiato per sottrargli il motorino, ma di credere che «qualcosa di buono in questa città ci sia e possa ancora essere salvato». 

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Da quanto tempo aveva lo scooter che le hanno rubato?
«L'ho comprato con i soldi che percepivo, nonostante lavorassi, dalle pratiche di un prestito per la cessione del quinto.

Dato che lo estinguevo e non mi restituivano questi soldi, allora mi sono rivolto ad un legale per ottenere le somme che loro non mi restituivano e ho avuto la somma di 3.183 euro. A gennaio 2019 mia figlia voleva un motorino perché il 9 febbraio successivo avrebbe compiuto 18 anni, così le ho fatto un regalo. Poi per permettermi di lavorare, lo aveva dato a me in dotazione. Quando lei ha saputo che me lo avevano rubato è rimasta malissimo, perché era pur sempre un regalo, in più io ci lavoravo».

Da quanto tempo lavora come rider?
«Da un paio di mesi, perché sono disoccupato e oltre al fatto che mi servono soldi per mantenere la famiglia, non riesco a stare in casa senza far nulla».

Quando ha perso il lavoro?
«Per 25 anni sono stato dipendente Auchan, dove fino al 2015 ho lavorato come macellaio specializzato di terzo livello, poi ci sono stati degli esuberi e da allora mi arrangio con lavoretti saltuari. Ho anche tentato di lavorare in una catena di supermercati ma senza buon esito, nonostante non vi siano per legge limiti di età. Quindi con questa nuova emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica, mi sono rimboccato le maniche mettendomi a fare le consegne per il delivery».

Ci racconta cosa è accaduto sabato notte?
«Era l'una. Avevo appena fatto una consegna di cornetti in via Ianfolla a Secondigliano. Come tutti i riders faccio anch'io sacrifici lavorando in scooter fino a tarda notte ed esposto alle intemperie. Non mi sono accorto di nulla, nonostante guardassi lo specchietto come sempre per evitare aggressioni o notare anomalie ed eventualmente allontanarmi subito. Invece all'improvviso mi sono visto accerchiato prima da due motorini con due persone a bordo e poi da uno con altri due passeggeri».

Qual è stata la sua reazione?
«Ho frenato di scatto per girare e scappare. Ma loro avevano un'altra persona da dietro con cui mi hanno fermato e immobilizzato».

Cosa le hanno detto?
«Lascia il motorino, lascialo!. Io ho reagito perché non glielo volevo consegnare. Così ho provato a resistere urlando, ma non ho avuto paura perché ho solo provato a difendere qualcosa di mio, di utile alla mia famiglia».

Li aveva mai visti prima?
«No, era la prima volta».

Dopo aver visto il video della rapina che qualcuno dall'alto ha filmato e che è stato diffuso sui social, cosa ha pensato?
«Quanta crudeltà. Sono solo ragazzini - mi sono detto - non dovrebbero agire così».

Qual è il sentimento che ora prevale nel suo animo?
«Sono arrabbiato, ma mi dispiace per chi a quell'età ha già messo a segno una rapina».

Napoli però ha mostrato anche l'altra faccia della medaglia, aiutandola
«Napoli è una grande città. Ringrazio tutti per la solidarietà che mi è stata espressa, c'è tanta gente di buon cuore. Io vorrei solo un lavoro stabile, pagare le tasse come ho sempre fatto e vivere tranquillo con la mia famiglia. Mi sono commosso per la gente che mi ha dimostrato vicinanza, ma non vorrei approfittare della bontà dei napoletani».

Non prova odio per i ragazzi che l'hanno aggredita con tanta brutalità?
«No, assolutamente. Anzi, li ho già perdonati nel momento stesso in cui mi picchiavano. Piuttosto vorrei lanciare loro un appello».

Quale?
«Riflettete su quello che fate, lavorate onestamente. Non vi mettete nei guai, non abbiate problemi con la giustizia perché le vostre saranno vite spezzate».

Di chi è la responsabilità?
«Dei genitori. I figli sono i riflessi delle loro famiglie. Ecco perché poi succede che questi ragazzi non si rendono conto che stanno bruciando il loro futuro».

Qual è il suo sogno per questa città?
«Che si possa salvare. Voglio crederci, nonostante tutto. Soprattutto per quei ragazzi che mi hanno aggredito e per le mie figlie». 

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