Riders a Napoli, da ultimi a indispensabili: «Ma dopo il lockdown tutto finito»

Riders a Napoli, da ultimi a indispensabili: «Ma dopo il lockdown tutto finito»
di Antonio Menna
Sabato 23 Maggio 2020, 09:30
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Seicento riders in più a girare per Napoli e provincia su moto o bici, con un enorme zaino sulle spalle, per consegnare cibi pronti, spesa, farmaci, per tre euro a consegna e una media di due incassi l'ora. È boom per le sette piattaforme di delivery che sono attive sul territorio. Quattro - le più note - si occupano solo di food (e prendono l'80 % del mercato), le altre abbinano i tour dei fattorini con altre merci. L'esplosione di nuovi arruolati - che vanno ad aggiungersi ai 1700 operatori già presenti - è una conseguenza della crisi da coronavirus: ex camerieri in nero e messi per strada, lavoranti nelle cucine dei ristoranti, garzoni dei bar licenziati. Un esercito di precari sottopagati che si ingrossa sempre di più. Con un proprio mezzo, con costi a proprio carico, con tutti i rischi e senza alcuna garanzia, scorrazzano da un capo all'altro, dalla mattina alla sera, per collegare esercenti e clienti, e riuscire a portare a casa a fine giornata 15/20 euro. «Se va bene - dice Antonio Prisco, 37 anni, diplomato, ex operatore turistico, da 21 mesi su una bici per fare consegne - Le piattaforme prendono più persone perché devono lavorare in overserving. In questo modo parcellizzano ancora di più la nostra attività di riders, controllano meglio, gestiscono la competizione, stressano i tempi, abbassano i diritti. Siamo di fronte a una situazione ai limiti della sostenibilità». E si sfata anche il mito dello studente che per arrotondare fa qualche consegna e guadagna un po' di soldi per le spese. Tra i riders ci sono padri di famiglia, uomini e donne adulti, molti precari, molti disoccupati storici. Quasi nessun migrante. Su cento riders a Napoli, 97 sono italiani.

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«Quando il presidente della Regione - continua Prisco - a marzo ha deciso di vietare le consegne di cibo a domicilio, quattro piattaforme hanno smesso di lavorare. Siamo rimasti fermi in tantissimi, e senza alcuna tutela. Alcuni hanno la partita Iva e sono stati beneficiati del bonus di 600 euro. Ma altri, non raggiungendo i 5mila euro l'anno, non aprono partita Iva e quindi sono stati esclusi anche da questo beneficio. Hanno lavorato solo le app che facevano consegna di altre merci. Poi lo sblocco e un vero e proprio boom. Per alcuni giorni si è lavorato tantissimo. Molte richieste, la gente aveva voglia evidentemente. Ma le piattaforme hanno immediatamente accettato nuovi riders, di fatto vanificando il beneficio dell'aumento delle richieste. Ora si stanno assestando anche le chiamate. Con la riapertura al pubblico di pub e ristoranti, quel boom si è assorbito. Ma rimangono al lavoro molti più riders, che devono dividersi una fetta di mercato ancora più esigua. Lavorare così diventa davvero difficile». Problemi nuovi su problemi cronici: le piattaforme guadagnano dagli esercenti fino al 25% di commissione su ogni ordine. Ma a chi fa la consegna arrivano solo, in media, due euro e mezzo, massimo tre, a seconda dei chilometri percorsi. In teoria dovrebbero portare nuovi clienti, agevolare l'incontro tra domanda e offerta. Ma di fatto hanno scalzato i ragazzi che portavano pizze e panini alle dipendenze dei singoli esercenti e hanno impoverito e precarizzato il lavoro in un settore che già non brillava.
 


Oggi si radunano soprattutto all'esterno dei McDonald's, sia di piazza Municipio che di piazza Garibaldi, e da lì prendono chiamate da esercenti e clienti. L'obiettivo è non radunarsi troppo in un posto ma essere anche centrali e strategici nella posizione. Per i motociclisti costi più alti ma tempi più rapidi e possibilità di fare più consegne. Per i bikers, in una città obliqua e dissestata, meno costi ma molti più ostacoli. Le fasce di età vanno dai 18 ai 55 anni, e molte cominciano a essere anche le donne. Ovviamente c'è tutta la libertà, a volte soffocante, della precarietà: chi ha bisogno di lavorare si spezza la schiena e resta per strada ore e ore, sotto la pioggia e con qualunque condizione. Chi è più giovane, è in famiglia e ha meno bisogno, lavora l'essenziale e si accontenta. Sarebbe utile se tutto questo non calasse come un vampiro su un mercato del lavoro in crisi nera, su una disperazione vasta. «C'è cambiamento totale della figura del rider - dice Antonietta Perna, segretaria generale Nidil Cgil Napoli - da lavoratori dimenticati a indispensabili e molto spesso addirittura sacrificabili. Abbiamo provato a essere vicini anche sul piano pratico. Distribuiremo dispositivi di protezione individuali e creeremo un momento di incontro con professionisti di questioni fiscali e di sicurezza del lavoro». «Io non mi lamento - dice Gennaro Guarracino, 45 anni, rider di Glovo - È un lavoro duro ma lo facciamo al meglio delle nostre possibilità.
Durante la chiusura della consegna a domicilio dei cibi abbiamo avuto un periodo di crisi. Poi lo sblocco del delivery ha portato una esplosione. Per qualche giorno non si è capito nulla, si è lavorato tantissimo. Ora siamo in assestamento: abbiamo perso un 20% ma si continua a lavorare. Il lavoro c'è, anche se è duro. Ma meglio averlo, un lavoro, che non averlo». 

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