Pane, pasta, mozzarella: così i rincari colpiscono la filiera produttiva campana

Pane, pasta, mozzarella: così i rincari colpiscono la filiera produttiva campana
di Valerio Iuliano
Venerdì 11 Febbraio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 12 Febbraio, 08:26
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«Dal primo gennaio il costo dell’energia è aumentato del 370 per cento. Stiamo vivendo un film mai visto. Non torneremo mai più ai livelli precedenti». Antimo Caputo è l’amministratore delegato di Molino Caputo, azienda napoletana di molitura del grano, il primo anello della filiera di produzione della pasta. Il prezzo dell’energia, unito all’incremento vertiginoso delle materie prime, sta determinando, giorno dopo giorno, un effetto devastante, capace di travolgere tutta la filiera del cibo. E l’ultimo anello della catena è quello del consumatore finale, sul quale si stanno abbattendo le conseguenze dell’ondata dei rincari. A risentirne maggiormente sono i prodotti base della cucina mediterranea. In particolare il pane, la pasta e l’olio. 

«In un anno - sottolinea Caputo - il prezzo della pasta è aumentato in un range compreso tra il 20 e il 30 per cento, a seconda della tipologia del prodotto. Speriamo che la situazione si normalizzi, ma tutto lascia pensare che siamo entrati in una nuova curva dei prezzi. E, intanto,a gennaio le vendite sono calate del 10 per cento». La previsione, dunque, è molto facile. L’ondata di aumenti del costo del cibo proseguirà. Nel caso della pasta, il primo fattore da considerare è quello della presenza al vertice della filiera di imprese manifatturiere che, in quanto tali, effettuano un grande consumo di energia. Tuttavia, c’è un altro elemento che, anche in presenza di eventuali misure del governo capaci di frenare il caro-energia, rischia di rimanere inalterato. È quello del costo del grano che, secondo la Coldiretti, è aumentato del 20 per cento nell’arco di un anno.

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Il rincaro del grano, unito a quello della semola e della farina - aumentata del 40 per cento negli ultimi sei mesi - ha avuto un effetto quasi immediato. L’aumento del prezzo del pane, che i produttori hanno tentato in tutti i modi di scongiurare, ma senza esito. «Il pane è aumentato di più del 20 per cento, nell’arco di un anno», stima Paolo Vaccaro, direttore commerciale dell’azienda partenopea “L’abbondanza del pane”. «Nella grande distribuzione siamo passati da 1,80 euro ai 2,30 di oggi. Al dettaglio siamo arrivati intorno ai 2,50 euro, a fronte dei 2 euro dello scorso anno». Ai rincari energetici, che influiscono sui costi di produzione e soprattutto sui trasporti, si è aggiunto dunque l’effetto del costo delle materie prime. «Il 50 per cento del grano mondiale - spiega Vaccaro - viene comprato dai cinesi. Il resto del mondo deve spartirsi l’altro 50 per cento. E così si determina una carenza di prodotti». La Russia e l’Ucraina garantiscono un terzo delle esportazioni mondiali di grano ed un conflitto tra i due paesi metterebbe a rischio le spedizioni dal Mar Nero. Un rischio tanto più forte per l’Italia, che importa dall’estero il 64 per cento del proprio fabbisogno di grano. «È un tunnel buio, senza via d’uscita. Il pericolo - spiega il presidente dei panificatori napoletani Domenico Filosa - è che molte aziende falliscano e il costo del pane arrivi fino a 4 euro».

Nella graduatoria dei prodotti alimentari più rincarati dell’Unione nazionale consumatori, che ha rielaborato i dati Istat sui prezzi, in vetta ci sono gli oli diversi da quello di oliva, che costano il 20 per cento in più rispetto a un anno fa. Nelle posizioni di rincalzo figura il latte. E questo contribuirà ad aumentare il prezzo della mozzarella.  

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«Il costo dell’energia e quello dei trasporti sono vertiginosi - spiega Luigi Rega dell’azienda Ponte Reale - ma soprattutto c’è stato quello delle materie prime. Stiamo cercando di tenere i prezzi stabili ma, se il trend dovesse proseguire, saremo costretti ad aumentare il prodotto finale. I nostri settori hanno già incrementato i prezzi. Il costo del latte è cresciuto di 7 centesimi il litro. Questo perché gli allevatori devono pagare tutte le materie prime, dal mais alla soia al fieno, il doppio dell’anno scorso. È aumentato tutto senza che ci sia un incremento della domanda. E le conseguenze le pagheranno i consumatori». Per tutta la filiera agroalimentare l’unica speranza è quella di un intervento immediato da parte del governo. «Per le aziende italiane - spiega Gaetano Torrente, presidente della sezione agroalimentare dell’Unione industriali di Napoli - si prevedono aumenti dei costi di 30 miliardi, senza considerare i costi indiretti che incidono sui prezzi dei prodotti. Mi riferisco a tutto quello che serve per produrre, confezionare e movimentare il cibo, dalla carta agli imballaggi, alla plastica. Le misure prospettate finora non sono sufficienti». 

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