Rissa a Cadice, la mamma napoletana: «Mio figlio Dario non c'entra ma merita uno schiaffo»

Rissa a Cadice, la mamma napoletana: «Mio figlio Dario non c'entra ma merita uno schiaffo»
di Paolo Barbuto
Lunedì 27 Maggio 2019, 07:31
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La sera sta svoltando verso la notte quando finalmente il cellulare torna raggiungibile. Dalla Spagna risponde Imma Silvestri, la mamma di Dario Bordoni, il 25enne napoletano coinvolto nella rissa di Cadice. Assieme al marito Giuseppe sta raggiungendo il figlio a Cadice. Non è in arresto, è tornato nell'appartamento che condivide con un collega di studi napoletano e con una ragazza di Roma. L'altro studente napoletano ha preparato i bagagli ed è tornato in città, Dario invece intende rimanere in Spagna per completare il percorso Erasmus con tutti gli esami previsti.

Sta per incontrare suo figlio, cosa gli dirà quando lo vedrà?
«Gli darò uno schiaffo, se lo merita perché non mi ha ascoltata. Gli ho sempre detto di tenersi lontano dalle risse, dalle persone pericolose, dalla violenza. Poi l'altro giorno l'ho visto in un video proveniente dalla Spagna mentre piazza un pugno in faccia a un'altra persona».

Dunque Dario è la persona che, nel video dell'aggressione, sferra il pugno che fa cadere a terra l'avversario prima che venga colpito al volto con quel calcio violentissimo.
«Sì, è lui. Ma quelle immagini non raccontano tutta la verità».

Allora provi a raccontarla lei.
«Prima devo fare una premessa da mamma: sono sconvolta perché c'è un ragazzo in ospedale in gravi condizioni e prego per quel ragazzo. Non è giusto che accadano certe cose».

Guardi che c'era anche Dario mentre accadevano quelle cose.
«Ed è per questo che va raccontata tutta la verità su quel che è successo prima di quelle immagini. Un gruppo di ragazzi spagnoli aveva preso di mira gli italiani; le provocazioni sono andate avanti per tutta la notte, avevano puntato uno del gruppo che è più minuto degli altri, lo irridevano, cercavano di mettergli le mani addosso. Ecco perché, alla fine, c'è stato il contatto fisico che è iniziato in discoteca dove gli spagnoli hanno picchiato con forza».

 

Il racconto è dettagliato, ma non giustifica quel finale così cruento.
«Non cerco di giustificare niente, ma è giusto che sia tutto chiaro. Quando la rissa s'è spostata all'esterno i buttafuori del locale invece di intervenire per fermare i ragazzi si sono messi a fare le riprese con i cellulari. Se avessero provato a dividerli, adesso non staremmo a pregare per la vita di un ragazzo che è in ospedale».

In ospedale l'ha mandato un calcio sul volto di un amico di Dario.
«Guardi che non erano amici. Si sono ritrovati nello stesso gruppo solo quella sera. Non era una frequentazione abituale, seguivano anche corsi di studio diversi, mio figlio si deve laureare in Scienza Biologiche».

Però trascorreva le notti, fino all'alba, in discoteca.
«Lo so, lo sapevo anche prima di questo evento e, da mamma, ero preoccupatissima. Gli dicevo di non fare stupidaggini, di non bere. Però lo so bene che le notti trascorrevano a base di alcol. Ne sono distrutta».

Dario non ha avuto misure restrittive, lo riporterete a Napoli con voi?
«Vogliamo a tutti i costi ma lui si rifiuta, dice che ci sono gli esami da completare, che manca poco e poi tornerà. Ma noi abbiamo paura, tanta paura».

Perché avete paura?
«Ma lei ha visto quello che hanno scritto sui social? Gli sono arrivate minacce di ogni tipo, anche dalla Spagna: come potrei tornare a Napoli e addormentarmi serena sapendo che qualcuno ha voglia di picchiare e di uccidere mio figlio?».

Nel passato di Dario ci sono altri eventi del genere?
«Assolutamente no. Non è mai accaduto nulla di simile, non è mai stato coinvolto in risse e non ha mai fatto a botte con nessuno. Lui è sempre stato un gigante buono. Giocava a pallacanestro con risultati eccellenti: con le giovanili arrivò anche ad essere convocato nella selezione regionale. Poi ha lasciato per dedicarsi allo studio».

E probabilmente anche a una vita di notti esagerate.
«Come si fa a controllare un ragazzo che esce con gli amici? Io e mio marito gli abbiamo dato un'educazione ferrea e gli abbiamo inculcato valori importanti. Ma si sa, quando i ragazzi escono la sera, può capitare di bere, di esagerare».

E di finire col dare un pugno a una persona.
«Pensi che quando era piccolo e vedeva cartoni animati violenti io stavo sempre lì a spiegargli che pugni e calci non risolvono nulla. E anche quando faceva giochi elettronici pieni di sangue e botte glielo ripetevo: questa è roba finta, nella vita non bisogna mai farlo».

Invece l'ha fatto.
«Ma non permetto a nessuno di bollare come violento mio figlio. Lui ha reagito dopo una notte di provocazioni e l'ha fatto per difendere un amico».
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