Rogo Città della scienza a Napoli, non fu la camorra: ritorna la «pista interna»

Rogo Città della scienza a Napoli, non fu la camorra: ritorna la «pista interna»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 26 Giugno 2021, 23:58 - Ultimo agg. 27 Giugno, 18:12
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Non c’entra la camorra in quelle fiamme dolose. Non c’entra il clan D’Ausilio o il gruppo riconducibile a uno dei suoi affiliati. Non c’entrano i parcheggiatori abusivi, né qualcuno interessato a lucrare sulla ricostruzione, a proposito di appalti. Sono i punti su cui battono i giudici della Cassazione, a proposito dell’incendio che distrusse Città della scienza, nell’accogliere il ricorso della Procura generale e spedire le carte a Napoli. Un dispositivo che consente di riaprire il processo a carico del vigilante, l’unico imputato Paolo Cammarota, condannato in primo grado, assolto in appello e ora nuovamente a giudizio a Napoli.

Quindici pagine - quelle firmate dalla Suprema corte - che dettano anche i punti su cui è possibile - anzi doveroso - un nuovo confronto in aula, nel tentativo di andare a fondo in una storia tutta ancora da scrivere.

E sono sempre i giudici della Cassazione a chiedere di insistere sulla pista interna, dando per superato un ruolo della camorra, che appare smentito da una serie di passaggi investigativi. 

Uno scenario nel quale ora i rappresentanti di Fondazione Idis (assistiti dal penalista napoletano Giuseppe De Angelis, sono costituiti parte civile), battono su un punto in particolare: occorre fissare al più presto il processo in Corte di appello, esplorare ogni punto indicato dalla Cassazione, a partire dai difetti di motivazioni rilevati dai giudici romani nella sentenza di assoluzione di Cammarota (difeso dai penalisti Luca Capasso e Antonio Tomeo). 
È da qui che torna la caccia al mandante occulto del rogo, a partire da un movente che dovrebbe essere tutto interno al museo adagiato sulla costa di Coroglio. Proviamo a seguire il ragionamento della Cassazione, che ha avuto modo di visionare gli atti dell’inchiesta e il dispositivo di assoluzione di Cammarota firmato dai giudici di Napoli.

Niente camorra, dunque: i due collaboratori di giustizia ed ex esponenti del clan D’Ausilio Vincenzo Cepollaro e Carmine Fontanella hanno escluso un ruolo della camorra in questa storia. Nessun elemento utile neppure dalle intercettazioni attivate su personaggi in odore di camorrra, mentre si sottolinea l’intercettazione di una conoscente di Cammarota che fa riferimento all’incendio («... visto che con l’incendio non abbiamo ottenuto niente...»). Inevitabile a questo punto una domanda. In che cosa consiste la pista interna? Si parte dalle presunte anomalie emerse dalla posizione di Paolo Cammarota, a proposito dell’ultima ronda: il vigilante non avrebbe visto i sei inneschi (dieci litri ciascuno) sullo stesso tragitto della perlustrazione. E non è tutto. Secondo la Cassazione, il vigilante viene smentito dai colleghi quando ha dichiarato di non essere a conoscenza del codice di disattivazione dell’allarme antincendio. Un allarme che non scattò, rendendo impossibile ogni salvataggio in extremis.

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Non è tutto. Proviamo a calarci nel percorso investigativo dei pm Michele Del Prete (oggi alla Dna) e Ida Teresi (pm anticamorra a Napoli), che hanno messo in rilievo un punto in particolare. Scavando in atti e contratti, si è scoperto che nel 2009 - quattro anni prima dell’incendio - città della scienza era stata assicurata anche in caso diventasse teatro di un rogo doloso. Una polizza che è stata monetizzata mesi dopo (per un importo di una decina di milioni di euro), consentendo di superare - almeno per un breve periodo - la crisi economica che si era abbattuta sull’ente di Coroglio, anche grazie alle elargizioni di fondazione e istituzioni dopo lo choc delle fiamme.

C’è un nesso tra assicurazione e incendio? Chi ha appiccato quelle fiamme, lo ha fatto sperando di poter ottenere un tornaconto immediato, cash, grazie al ticket garantito dal contratto? Una domanda che viene fatta propria anche dalla compagnia di assicurazione (rappresentata in aula dall’avvocato Giorgio Fontana) che non a caso a chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile. Una pista destinata a tornare attuale, quando la Corte di Appello di Napoli troverà il modo di dare inizio al nuovo processo a carico del vigilante. 

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