Salvator Mundi, arrestati i trafficanti d'arte: la regia dell'Alleanza di Secondigliano

Salvator Mundi, arrestati i trafficanti d'arte: la regia dell'Alleanza di Secondigliano
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 27 Aprile 2022, 11:00 - Ultimo agg. 28 Aprile, 07:17
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La prima buona notizia arrivò a metà gennaio, quando da un anonimo appartamentino di periferia spuntò il Salvator Mundi, dipinto del 1400 attribuito alla Scuola di Leonardo da Vinci. Era stato rubato dalla Basilica di San Domenico Maggiore. La seconda risale a ieri, con le manette scattate ai polsi di sei persone sospettate di aver partecipato al trafugamento e al tentativo di inserire l'opera d'arte nel circuito illegale dei mercanti d'arte per venderlo al migliore offerente.

Sei i fermi emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli ed eseguiti dai carabinieri del Ros e dagli agenti della Squadra mobile di Napoli. Gli indagati devono rispondere di furto e della ricettazione con l'aggravante mafiosa.

I fermati sono Pasquale Ferrigno, Marco Fusaro, Tommaso Boscaglia (che rispondono di furto aggravato), e Vincenzo Esposito, Antonio Mauro, Domenico De Rosa (per la ricettazione aggravata dalla finalità dell'agevolazione mafiosa). 

Indagini congiunte di carabinieri e polizia, che alla fine - grazie a una delicata indagine alla quale ha collaborato anche il Nucleo tutela patrimonio artistico dell'Arma, avvalendosi anche di intercettazioni telefoniche) sono riusciti a chiudere il cerchio sull'organizzazione criminale. Coinvolta nell'inchiesta anche Maria Licciardi, la donna considerata al vertice dell'omonimo clan (e già detenuta per altra causa): avrebbe svolto un ruolo di intermediazione per cercare un acquirente del preziosissimo dipinto.

A quattro mesi dal ritrovamento dell'opera, gli inquirenti hanno ricostruito le fasi che portarono al trafugamento del dipinto e i singoli ruoli degli indagati, alla luce delle indagini dei carabinieri del Ros, guidati dal colonnello Antonio Manti e della mobile del primo dirigente Alfredo Fabbricini. Pasquale Ferrigno, collaboratore familiare del convento della Basilica di San Domenico, essendo in possesso di tutte le chiavi di accesso al museo avrebbe consentito a Tommaso Boscaglia e a Marco Fusaro l'accesso nella Sala del Tesoro e di impossessarsi del Salvator Mundi; De Rosa, Esposito e Mauro, dopo aver ricevuto il quadro, lo avrebbero consegnato a Silvio Vitagliano (il custode del dipinto, già arrestato nel gennaio scorso) in attesa di reperire - per il tramite della Licciardi - un acquirente capace di garantire adeguate risorse economiche.

Significative sono state, ai fini della ricostruzione investigativa, le intercettazioni sui cellulari di Boscaglia e di Esposito. Tutti gli indagati, difesi - tra gli altri - dal penalista Carlo Fabozzo, potranno replicare alle accuse e dimostrare la propria versione dei fatti. 

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Vicenda incredibile, per il coinvolgimento che tocca anche persone che lavoravano nel convento domenicano. D'altronde sin dal principio era ben noto agli investigatori che quel tipo di trafugamento sarebbe stato impossibile senza una mano complice dall'interno. La copia del dipinto di scuola leonardesca risalente al XV secolo si trovava all'interno del museo Doma della basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, ma nessuno accedeva allo spazio in cui era conservata dal marzo 2020. Era custodita in una teca, mai aperta dai tempi del lockdown. Il Salvator Mundi è un olio su tavola raffigurante l'icona del Cristo Benedicente, copia del più famoso quadro realizzato da Leonardo da Vinci, venduto dalla casa d'asta Christie's di New York per un valore di 450 milioni di dollari. La copia in questione, di ingente valore storico e artistico, risulta essere stata realizzata da un allievo di Leonardo, nel secondo decennio del secolo XVI.

A far scattare i fermi il rischio di inquinamento probatorio. Ora per la convalida degli arresti si attende l'ultima parola del gip. 

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