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Il Mattino

«Così San Gennaro ha salvato la nostra bambina»

Il racconto di due giovani genitori e del loro dramma

di Maria Chiara Aulisio
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 17 Dicembre 2022, 08:31 - Ultimo agg. : 18 Dicembre, 10:07
4 Minuti di Lettura

La prima a esultare sui social - e a comunicare la notizia a tutti i membri della sua maxi chat attraverso la quale diffonde la liturgia del giorno - è suor Rosa Lupoli. Non è ancora mezzogiorno quando la madre abbadessa del monastero delle Cappuccine fa sapere a chi la segue che: «evviva, il sangue si è sciolto». Poca attesa e poche preghiere, dunque. Benché fosse apparso assai solido quando l'abate Vincenzo De Gregorio ha esposto l'ampolla, il prodigio del sangue si è invece ripetuto poco dopo, alle 10,56, accompagnato dal tradizionale - e liberatorio - applauso dei fedeli sotto lo sguardo compiaciuto di Mariano Bruno delegato dalla Deputazione di San Gennaro allo sventolio del fazzoletto bianco segno inequivocabile dell'avvenuta liquefazione.

Tanti i turisti ieri mattina in Cattedrale, tra selfie e gadget di ogni tipo, un po' meno i napoletani per i quali l'evento serio è quello del 19 settembre, l'unico davvero importante nel legame tra il santo e la città. E una ragione c'è. Il terzo miracolo è da sempre vissuto sottotono o meglio: con meno enfasi degli altri. D'altronde - secondo qualche sangennarologo - se pure non dovesse compiersi, non se ne trarrebbe alcun auspicio negativo, ma guai se non dovesse accadere a settembre. Infatti è soprattutto nel giorno dedicato al patrono che i napoletani tremano sul serio: il mancato miracolo annuncia catastrofi, eruzioni e pandemie. Quello del 16 dicembre, invece, in tanti lo ignorano: fino a qualche tempo fa veniva celebrato e invocato con una cerimonia quasi privata, familiare, che si teneva (e tuttora si tiene) nella Cappella del Tesoro gestita dalla Deputazione, istituzione laica presieduta dal sindaco di Napoli (da qui la definizione di miracolo laico) e quasi sempre senza la presenza del vescovo. Va detto che l'evento, più per ragioni commerciali che altro, sta diventando sempre più noto, sponsorizzato da tour operator e manager del turismo, facendo crescere di pari passo la curiosità dei fedeli napoletani. E anche ieri, tra gli affreschi del Domenichino e i rilucenti busti dei compatroni, si intravedeva comunque un discreto gruppo di devoti, oltre ai rappresentanti della Deputazione e a tanti giovani che hanno atteso il miracolo pregando e ascoltando le parole dell'abate che ha presieduto la messa delle 9. Sebbene - come ha ricordato ancora una volta lo stesso monsignor De Gregorio - il vero miracolo di San Gennaro sia la fede che il martire riesce a infondere nei napoletani, lo scioglimento del sangue, nella percezione popolare - un poco di più o un poco di meno in base alla data - ha sempre e comunque il carattere di un avvenimento profetico, dell'annuncio di serenità, se si compie, o di funeste calamità se non si compie.

APPROFONDIMENTI
Napoli, si scioglie il sangue di San Gennaro nella Cappella del Tesoro: è il miracolo laico
Napoli tifa (sempre) Argentina: un migliaio di sudamericani in città

È sempre l'abate De Gregorio a raccontare di un altro piccolo miracolo per mano del patrono, la storia di una bambina alla quale era stato diagnosticato un tumore: «Dopo le preghiere dei genitori nel giorno di San Gennaro la piccola ha ricevuto la bella notizia che in realtà quel tumore era benigno. Ed eccoli qui, la mamma e il papà, a ringraziare il patrono».

 

I devoti più assidui lo sanno bene. Il prodigio del 16 dicembre è in memoria della terribile eruzione del Vesuvio del 1631, una delle più disastrose dell'età moderna, quando lo scioglimento del sangue di San Gennaro fermò la lava che si avvicinava pericolosamente alla città. Da allora, ogni anno, è previsto il terzo miracolo. Ancor prima dell'eruzione, nel 1527, i napoletani avevano già invocato la sua protezione per fare cessare la peste (250mila morti in un anno), nonché l'assedio da parte degli angioini - che volevano riconquistare la città occupata dagli aragonesi - e l'attività del Vesuvio che provocava circa 30 terremoti al giorno.

Video

Per sottolineare la loro fede, sottoscrissero con il patrono un vero e proprio contratto alla presenza di un notaio nel quale si prometteva che, in cambio della cessazione dei flagelli, la città avrebbe costruito una bellissima cappella dove sarebbero state custodite le reliquie del santo. Le cronache dell'epoca riportano che effettivamente di quei flagelli non se ne parlò più.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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