Volontari «fantasma» a San Giorgio a Cremano, è bufera sul servizio civile

Volontari «fantasma» a San Giorgio a Cremano, è bufera sul servizio civile
di Antonio Cimmino
Sabato 21 Ottobre 2017, 09:35 - Ultimo agg. 09:36
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Un'attività di servizio civile svolta, almeno sulla carta, senza che il Comune sapesse nulla. Un progetto per assistenza agli anziani offerto da volontari selezionati e appositamente formati all'insaputa di tutti, compresi forse (è l'ipotesi dell'accusa) gli stessi anziani: venti ragazzi che certamente mai hanno messo piede nella casa comunale di San Giorgio a Cremano, dove invece sarebbero dovuti andare per firmare ingresso e uscita, secondo le stringenti regole dettate per chi effettua servizio civile. È una trama quasi grottesca quella che viene fuori dalle indagini dei carabinieri della stazione di San Giorgio a Cremano, diretti dal maresciallo Gerardo Avolio. La Procura di Napoli ha aperto un'inchiesta, e pezzo dopo pezzo la vicenda ha cominciato ad avere contorni più definiti.

Agli uffici dei Servizi Sociali del Comune non è mai risultato che anziani residenti a San Giorgio a Cremano avessero ricevuto assistenza da giovani arruolati attraverso il servizio civile. Eppure, in virtù di una partenership tra l'ente comunale e l'associazione «Insieme per la vita» con sede a Napoli, iniziata nel 2005, il progetto «Sono ancora qui per te» dedicato agli anziani sarebbe dovuto essere attivo, nei locali dell'ente, a partire dall'inizio di quest'anno. Il vaso di Pandora viene però via via scoperto: partono le denunce dagli uffici comunali e, successivamente, un esposto sottoscritto dal senatore M5S Sergio Puglia e dai consiglieri comunali pentastellati Danilo Cascone, Patrizia Nola e Rosanna Tremante.

È luglio quando i consiglieri chiedono informazioni sui progetti di servizio civile nazionale attivati dal Comune ed eventualmente ancora in itinere. Dai cassetti spunta un accordo di partenariato con l'associazione «Insieme per la vita», negli anni rinnovato dalle amministrazioni: eppure ad oggi nessuno ha memoria di quali fossero i programmi realmente attivati sul territorio. E viene fuori, soprattutto, che dell'esistenza di un servizio civile di volontariato non fossero al corrente i competenti uffici comunali. La questione finisce dunque sotto la lente d'ingrandimento dei carabinieri che delle indagini informano il Servizio civile nazionale. Sentiti i responsabili dell'associazione, si appura che soltanto alcuni dei ragazzi si recavano a casa degli «assistiti», anziani che - oltretutto - venivano scelti dall'associazione stessa. In più, i ragazzi «arruolati» nel progetto - e che ricevevano perciò dalla presidenza del Consiglio la «paga» di 433.80 euro al mese - erano il doppio del numero di anziani individuati dalla stessa associazione come bisognosi di assistenza. Ed è per questo che scatta l'intervento della Regione che il 20 settembre, attraverso la Direzione generale per le Politiche sociali e sanitarie, comunica la revoca del progetto tanto al Comune quanto al Dipartimento della gioventù e del Servizio civile di Roma.

«Questa storia vede il Comune e tanti giovani nella veste di parti lese», sottolinea il sindaco di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno, difendendo l'operato dell'amministrazione e degli uffici comunali e definendo «anomalo» il comportamento di una associazione «che sfruttando un accreditamento di sedi comunali» aveva svolto un progetto di servizio civile senza dare alcuna informazione all'amministrazione. «Il Comune - sottolinea il sindaco - non ha avuto alcun dato nè sulle selezioni dei partecipanti, nè sulle attività che avrebbe organizzato l'associazione». La replica non tarda ad arrivare. «A gennaio - spiegano dall'associazione «Insieme per la vita» in una nota - abbiamo inviato una comunicazione ufficiale al Comune per informarlo che era in corso la formazione dei giovani ed era necessario incontrarsi. A questa nostra comunicazione non vi è stato nessun riscontro». «Al solo scopo di non arrecare danni ai giovani si è scelto comunque di procedere all'attivazione del progetto», spiega la presidente dell'associazione Diana Porreca: «Subito dopo il periodo di formazione i giovani si sono recati presso le residenze degli utenti svolgendo regolarmente il proprio dovere. I giovani si appoggiavano alla nostra sede legale - precisa la presidente - non avendo la possibilità di andare presso il Comune».

Ma com'è possibile che di tutto ciò i competenti uffici comunali non sono mai stati al corrente? «È sconcertante immaginare che un ente che rappresenta lo Stato e che dovrebbe industriarsi ogni giorno per offrire servizi alle fasce deboli e opportunità a giovani del proprio territorio, si renda artefice di procedure così poco trasparenti», ha detto ieri mattina in conferenza stampa il senatore M5S Sergio Puglia. L'associazione, tuttavia, non ci sta al j'accuse e ribadisce: «La nostra colpa è stata soltanto quella di non voler sacrificare i giovani che non possono essere vittime di beghe politiche o pseudo tali. Ritenendo ingiusta la decisione della Regione, che ha revocato la convenzione, faremo ricorso al Tar».
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