San Giorgio a Cremano, meccanico ucciso per errore: ergastolo annullato al presunto mandante. Dopo 5 anni nessun colpevole

San Giorgio a Cremano, meccanico ucciso per errore: ergastolo annullato al presunto mandante. Dopo 5 anni nessun colpevole
di Leandro Del Gaudio
Martedì 9 Febbraio 2016, 17:22 - Ultimo agg. 17:58
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NAPOLI - Assolto Vincenzo Troia, che era stato condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio di Vincenzo Liguori, meccanico e lavoratore onesto, centrato per errore nel corso di un regolamento di conti tra clan vesuviani.

È stata la quarta sezione di Corte d'appello ad accogliere le conclusioni difensive dei penalisti Vincenzo Maiello e Leopoldo Perone, a chiudere con un'assoluzione piena per l'uomo indicato come mandante di un delitto che ha colpito la società civile napoletana. Fatto sta che a distanza di cinque anni dal delitto del meccanico, (13 gennaio del 2011), non esiste un colpevole, né una sentenza interlocutoria in grado di dare una risposta alla richiesta di giustizia di una intera comunità.

In primo grado, i giudici avevano firmato una condanna all'ergastolo per Troia, sulla scorta delle accuse rese dal pentito Giovanni Gallo, che aveva indicato il mandante, in un'inchiesta che non è ancora approdata alla individuazione dei presunti killer. Ma proviamo a ripercorrere le tappe di una vicenda choc: cinque anni fa, i killer scendono in strada in via San Giorgio Vecchia a San Giorgio a Cremano, per colpire Luigi Formicola, indicato come esponente del gruppo Abate, a sua volta in contrapposizione del gruppo di Troia.

I killer sparano contro soggetti che si trovano nei pressi di un circoletto ricreativo, colpiscono Formicola, ma un proiettile vagante colpisce anche un uomo che sta facendo il suo lavoro, in un'officina a pochi metri dal circolo ricreativo: si chiama Vincenzo Liguori, è il padre della giornalista di cronaca nera e giudiziaria del Mattino Mary Liguori, a cui tocca - almeno sulle prime - l'atroce destino di prendere le prime notizie sul delitto consumato nella zona in cui faceva da corrispondente.

Oggi, a distanza di cinque anni, arriva una sentenza che rimette in discussione le indagini condotte finora e si leva dalla famiglia della vittima un appello: sia fatta giustizia, le indagini devono dirci chi ha ucciso un onesto lavoratore, un marito, un padre.
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