San Giovanni Bosco, l'agonia
dell'ospedale di frontiera

San Giovanni Bosco, l'agonia dell'ospedale di frontiera
di Ettore Mautone
Martedì 19 Giugno 2018, 08:37
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Il San Giovanni Bosco è letteralmente alle corde. Si leva forte, del presidio della Doganella, l’allarme sui turni in pronto soccorso rimasti sguarniti per via delle ferie estive. Nell’ospedale di via Briganti i conti non tornano: i medici sono insufficienti e nell’area medica da oggi, l’emergency rischia di non essere più presidiata giorno e notte come dovrebbe. Da luglio, e per tutta l’estate, la stessa sorte toccherà all’area chirurgica. Un rebus che tutti gli ospedali cittadini dotati di emergenza dovranno risolvere. «Dopo un anno di lavoro in condizioni di disagio, turni assurdi, con ore in sovrannumero rispetto a quelle previste dal contratto e non ancora pagate, i colleghi hanno bisogno di ferie», ha tuonato il primario del pronto soccorso del San Giovanni Bosco Gennaro Napoletano. Ma di soluzioni se ne vedono poche all’orizzonte e si procede a vista. 
RIUNIONI FEBBRILI
Per tutta la mattina di ieri in direzione sanitaria si sono susseguite febbrili riunioni con gli emissari della direzione strategica per individuare il bandolo di una intricata matassa. Come quando si deve disputare una partita di calcio tra amici e si cerca all’ultimo minuto qualcuno disposto a scendere in campo, sono partite decine di telefonate all’indirizzo delle direzioni sanitarie di altri presidi della Asl Napoli 1. Il più sollecitato è stato l’ospedale del Mare che in questa fase concitata viene visto come una panchina cui attingere a piene mani.
Ma in realtà poco disponibile in quanto già impegnato in un’altra partita. Recuperare in extremis la disponibilità di qualche dottore disposto a sacrificare qualche giorno di vacanza per sobbarcarsi alcuni dei turni rimasti sguarniti è diventata un’impresa titanica. 
A rispondere all’appello sono stati solo una sparuta minoranza: un paio di dirigenti medici assunti a Napoli est (ma limitatamente a un paio di turni mattutini e al massimo per una settimana) e qualche clinico di buona volontà che dalle retrovie del San Giovanni Bosco si è fatto alzando la mano. Per il resto sono risultati vani tutti i tentativi di reclutare altri specialisti in altri ospedali della Asl cittadina.
IL GIOCO DELL’OCA
Un gioco dell’oca che potrà salvare il presidio della Doganella ancora per qualche giorno. Andata a vuoto anche l’opzione di arruolare per qualche settimana medici in regime extra orario (che pure costa un salasso alle casse dell’azienda metropolitana). Del resto miracoli non se ne possono fare: già nel corso dell’anno molti turni, in alcune discipline, sono stati garantiti al presidio di via Briganti solo grazie all’istituto della reperibilità. Dalla prossima settimana saremo punto e a capo. Difficilmente praticabili allo stato appaiono anche altre strade, come quelle che conducono ai medici della rete dell’emergenza, già saccheggiata dalla rete degli ospedali dotati di pronto soccorso che impiega decine di giubbe rosse che dovrebbero invece ruotare nei reparti, sulle ambulanze e in centrale operativa.
DAL 118 NESSUN AIUTO
Nel corso della giornata a un certo punto si è pensato di attingere al personale impegnato nei turni delle postazioni fisse (cosiddetti Psaut) ovvero piccoli ambulatori in cui è possibile effettuare anche una prima accoglienza del malato con una guardia attiva per tutte le 24 ore. Salvo poi scoprire che anche nella rete del 118 le lacune di personale sono diventate nei mesi voragini. Il personale è ridotto all’osso e mancano all’appello almeno 20 unità mediche. Senza contare che dei quattro Psaut previsti dalla rete ne è sopravvissuto solo uno al San Gennaro, che riesce a malapena a garantire un turno aggiuntivo in sinergia con l’ambulanza di stanza nel vecchio presidio della Sanità.
IL VERTICE COL MANAGER
Intanto tra oggi è domani sarà convocato il vertice chiesto dai primari in direzione strategica. Inutile farsi illusioni, quello che si staglia all’orizzonte è uno scenario a tinte fosche che nessuno sa ancora come far volgere al bello. L’ultima spiaggia sarebbe la firma di un ordine di servizio da parte del direttore sanitario di presidio. Una sorta di precetto al lavoro per cause di forza maggiore. Come una calamità. In caso di vuoti incolmabili nella pianta organica sarebbe l’unico modo per trattenere in servizio contro la propria volontà personale che ha già programmato le ferie (per i 15 giorni garantiti dal contratto di lavoro). Un atto che però farebbe probabilmente scatenare la rivolta oltre che invelenire un clima reso incandescente dai carichi di lavoro e dai quotidiani disagi. Comunque vada è uno degli snodi più difficili per la sanità campana da 30 anni a questa parte.
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