Riforma dell'assistenza territoriale
all'anno zero in Campania

Riforma dell'assistenza territoriale all'anno zero in Campania
di Ettore Mautone
Lunedì 9 Gennaio 2017, 08:27
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Fare filtro agli accessi impropri al pronto soccorso: un compito affidato alla medicina distrettuale e delle cure primarie (medici di famiglia e pediatri di libera scelta) cui affiancare le funzioni della specialistica ambulatoriale da aggregare e mettere in rete per una risposta assistenziale di I livello. Un tassello delle rete delle cure da qualificare con il decollo delle Aft (Aggregazioni funzionali territoriali) e delle Uccp (Unità complesse di cure primarie) oltre che le Case della salute in cui ricoverare e assistere cronici, anziani e lungodegenti. Funzioni previste dal Piano sanitario territoriale definito con decreto commissariale in pista dalla fine dello scorso settembre. Un Piano, tuttavia, che in Campania parte col piede sbagliato: a fine anno una circolare dei commissari per la sanità Joseph Polimeni e Claudio D'Amario ha dato il via alle sperimentazioni delle Aft previste nelle varie Asl. A Napoli sono previste a Scampia, a Piazza Nazionale e Napoli est. Ma a rallentare il cammino della riforma è scattato immediata la minaccia di un ricorso al Tar da parte dello Smi (Sindacato medici italiani) che lamentano il fatto che la sperimentazione riguarda i soli medici di assistenza primaria e per «la sua parzialità è del tutto inaccettabile». Grave, dice lo Smi, «che ancora una volta si lasci volutamente fuori dalla simulata sperimentazione la Continuità assistenziale».

Quest'ultima, ossia le guardie mediche notturne e festive, in base alle previsioni del Piano ospedaliero dovrebbero tuttavia essere utilizzate nell'ambito del 118 cui funzionalmente afferiscono. Secondo lo Smi occorre, inoltre «ripensare il modello H 16 su tutto il territorio nazionale prima che sia troppo tardi». A sbarrare il passo alla riforma ci sono poi i paletti di tipo contrattuale fissati dal Sumai (specialisti ambulatoriali) che attendono una convocazione per definire le indennità di funzione in teoria già prevista dal contratto nazionale siglato nei mesi scorsi ma non definita a livello regionale. Una questione che pone la sostenibilità economica di un processo di aggregazione e di un servizio concepito dalla struttura commissariale a costo zero o con indennità già inserite in altre voci contrattuali. L'inverso accade per le altre sigle sindacali della medicina di famiglia: la Fimmg si presenta all'appuntamento senza rinnovo del contratto nazionale mentre quello decentrato, firmato un anno fa, non prevedeva le aggregazioni funzionali. Queste a regime dovrebbero prevedere un impegno h 24 di tutti camici bianchi riuniti in strutture territoriali in grado di intercettare una quota consistente della domanda di salute della popolazione che oggi si riversa sul livello ospedaliero ingolfando corsie e reparti di pronto soccorso. Al palo i regimi assistenziali come le cure domiciliari che oggi vedono a Napoli 1 il mancato impiego di tutti i fondi previsti.

A complicare un quadro già caotico l'impiego di personale specialistico ambulatoriale nelle corsie ospedaliere mentre molti ambulatori restano sguarniti in ospedali convertiti a tale funzione (come il San Giovanni Bosco). 

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