Sanità, non solo Muto: in Campania
è record di strutture private

Sanità, non solo Muto: in Campania è record di strutture private
di Ettore Mautone
Domenica 5 Agosto 2018, 10:32 - Ultimo agg. 15:21
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Pubblico e privato, Stato e mercato: un rapporto ambiguo in Sanità, dove la “merce” prodotta è la salute dei cittadini. Un bene irrinunciabile, difficile da misurare ma facilmente percepibile da chi utilizza una corsia ospedaliera o varca la soglia di un ambulatorio. Un nodo annoso e irrisolto, quello del rapporto tra sanità pubblica e sanità privata, che ruota attorno al preminente interesse del paziente che, Costituzione alla mano, ha il diritto di ottenere la migliore cura possibile, nel minor tempo di attesa, accedendo a una qualunque delle strutture, (pubbliche o private) tutte insieme accreditate, che rappresentano l’offerta pubblica e gratuita del Servizio sanitario nazionale.

L’ANAC
La recente istruttoria dell’Anac, autorità nazionale anticorruzione, che chiede all’Istituto tumori Pascale di approfondire la posizione di Paolo Muto, primario di Radioterapia, che estraneo a quote societarie sarebbe «potenzialmente in conflitto di interessi» con le attività delle aziende di famiglia (strutture di radiologia accreditate col servizio sanitario) riaccende i fari su norme e leggi che disciplinano questa zona di confine dell’assistenza pubblica. Nome eternamente in bilico tra la libertà di scelta del cittadino, l’incompatibilità, per i camici bianchi, a lavorare contemporaneamente in un ospedale pubblico e una Casa di cura o un ambulatorio privato. Ma anche complicato dalla facoltà, concessa per legge a medici e personale sanitario, di esercitare la libera professione (intramoenia) tra le mura di un ospedale pubblico.

NORD E SUD
Il rapporto tra pubblico e privato è molto diverso tra Nord e Sud. In tutte le regioni del Sud il finanziamento pubblico della sanità supera infatti l’80%, mentre nelle regioni del Nord è inferiore al 75%, rispetto alla media nazionale del 78%. In Basilicata tocca il massimo con l’85%, mentre in Friuli il minimo con il 73%. Per converso, il finanziamento privato supera il 20-25% nelle regioni settentrionali ed e` compreso tra il 15-20% in quelle meridionali. La spesa pro capite per la Sanità completamente privata segue il reddito delle popolazioni ed è maggiore nelle regioni più ricche del Nord. Le istituzioni pubbliche a loro volta vendono circa il 2% dei propri servizi a privati cittadini (visite in libera professione intramuraria, ricoveri a pagamento).

GLI ACCREDITAMENTI
Le Asl richiedono una serie di requisiti, prima di dare il via libera all’attività dei privati (accreditati). Il vincolo si traduce poi in veri e propri contratti che ogni anno le aziende pubbliche - a fronte di necessità assistenziali non assicurabili dal pubblico, un budget e volumi di attività programmate sul fabbisogno - stipulano con Case di cura, ambulatori, centri di riabilitazione, di dialisi e altre specialità. Un modello che in altre Regioni, come Lombardia e Lazio, (che stanziano il 29,7% e 28% della spesa per il privato) ha visto negli anni crescere eccellenze (San Raffaele, l’Ieo, l’Humanitas) attrattori per l’utenza di tutto il Sud. Altre Regioni, come Toscana (12,4%) ed Emilia 16,1%) hanno invece puntato quasi tutte le risorse sul settore pubblico. La Campania è nel mezzo (circa il 20% della torta annua dei finanziamenti dedicati al settore accreditato) con cui sono erogate però il 50% del totale delle prestazioni. Si tratta di circa 1200 strutture, a fronte di 950 per la Lombardia, 800 nel Lazio e solo 400 per la Toscana. Tra le 1200, l’80 per cento è di piccola entità. Nel settore ospedaliero tranne rare eccezioni (Mediterranea a Napoli, Pineta Grande e San Michele nel casertano, Villa dei Fiori ad Acerra, Montevergine a Mercogliano), hanno difficoltà ad entrare nelle reti per l’emergenza urgenza. Esistono anche piccoli poli di eccellenza plurispecialistici. Un rapporto che andrebbe integrato più che reso concorrente, in base ai fabbisogni e soprattutto in base a puntuali politiche di qualificazione della rete assistenziale pubblica per evitare che liste di attesa, scarsa qualità delle strutture e carenze di personale, che la Campania pure sconta a causa del Piano di rientro, creino distorsioni nel flusso dei pazienti. Necessari infine puntuali controlli di appropriatezza e qualità nel settore privato accreditato. 
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