Depredata la chiesa di Sant'Antonio a Tarsia: ci andava a pregare Sant'Alfonso de Liguori

Depredata la chiesa di Sant'Antonio a Tarsia: ci andava a pregare Sant'Alfonso de Liguori
di Giuliana Covella
Domenica 19 Luglio 2015, 10:45 - Ultimo agg. 10:46
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NAPOLI - Per arrivarci ci si deve inerpicare lungo salita Tarsia, dopo aver superato il Teatro Bracco e il commissariato di polizia. Pochi metri a piedi ed eccoci in piazza Sant'Antonio a Tarsia. È qui che si estende l'omonima chiesa dove è avvenuto il furto di marmi, balaustre, pavimento maiolicato e altri preziosi arredi custoditi da secoli nel luogo di culto che risale alla prima metà del cinquecento.



Laddove veniva a pregare Sant'Alfonso Maria de' Liguori, come spiega Vincenzo Rizzo, storico dell'arte e rappresentante del Comitato Civico di Portosalvo: «In questa chiesa il Santo si rifugiava per pregare. La sua particolarità è quella di essere quasi nascosta tra salite e vicoli dove a stento riescono a passare le auto». Eppure qualcuno ci è passato davanti a Sant'Antonio a Tarsia. O meglio ci è entrato ed ha depredato tutto ciò che era rimasto, dopo che la chiesa era stata chiusa da quando era andato in pensione l'ultimo parroco. Da allora silenzio e abbandono totale. Tanto che sin dall'esterno il quadro è desolante. Da un lato della doppia rampa di scale di accesso ci sono sterpaglie e vecchi elettodomestici che ne hanno fatto un punto di raccolta differenziata. Dall'altro qualcuno ha adibito le facciate d'ingresso a stenditoio per i panni. A denunciare il furto e il lassismo dei due enti cui compete la tutela del patrimonio ecclesiastico a Napoli ovvero Curia e Sovrintendenza è Antonio Pariante, Comitato di Portosalvo: «La Curia che ne è proprietaria e la Sovrintendenza che ne dovrebbe garantire la tutela tacciono di fronte a quanto avvenuto – dice Pariante - . Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri dei Beni culturali. È l’ennesimo episodio che dimostra quanto a Napoli i due principali enti preposti non sappiano prendersi cura del loro patrimonio lasciandolo alla mercè dei ladri d'arte».



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