Scacco al clan dei «milanesi»
con il bazooka per imporsi

Scacco al clan dei «milanesi» con il bazooka per imporsi
di Dario Sautto
Mercoledì 15 Maggio 2019, 10:18
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Un nuovo clan di camorra armato anche di bazooka, pronto a punire a colpi di pistola o con pestaggi chi gestiva le piazze di spaccio e non pagava la sua quota. Il quartier generale era tra San Giuseppe Vesuviano e Terzigno, con affiliati nel Salernitano, contatti essenziali nel porto di Salerno e la gestione di 10 milioni di euro di beni. Nove persone sono finite in carcere e due ai domiciliari, in esecuzione di due differenti ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Alessandra Ferrigno su richiesta del sostituto procuratore Liana Esposito, a chiusura di due filoni di indagine della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli condotti dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata e dai finanzieri del Gico di Salerno.

I PERSONAGGI
A capo del clan Batti, i «milanesi», secondo gli investigatori c'era Alfredo Batti, 35 anni, unico colpito da entrambi gli ordini di carcerazione. Vista la sua caratura criminale e i mille accorgimenti presi per evitare di essere intercettato, i carabinieri si sono mossi in grande anticipo per arrestarlo, bloccandolo già nella serata di lunedì mentre si nascondeva a casa della madre. Attorno a Batti, in un clan a conduzione praticamente familiare e legato ai Fabbrocino, si erano aggregati i fratelli Luigi e Alan Cristian, il nipote Salvatore Ambrosio (24 anni, il più giovane), e poi Mario Nunzio Fabbricini, ritenuto uno degli armieri, Ferdinando Campanile, Giovanni Chirico, Cristian Sorrentino e Vincenzo Guastafierro, con ruoli di gestori delle piazze, «ambasciatori» di Batti ed esecutori delle spedizioni contro chi non pagava, mentre ai domiciliari sono finiti Gaetano Buono e Gennaro Izzo, piccolo imprenditore nel settore ortofrutticolo, che si faceva da tramite per l'import di droga nei carichi di banane provenienti dall'Ecuador. Indagati a piede libero alcuni funzionari del porto di Salerno e altri familiari degli arrestati, per un totale di ventidue persone. Tra queste, anche Giuseppina Batti, sorella maggiore del boss Alfredo e mamma di Salvatore Ambrosio, finita in manette in flagranza di reato per detenzione di cocaina e hashish proprio durante la perquisizione della scorsa notte.

 

LE ACCUSE
Tutti sono indagati, a vario titolo, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di arma da fuoco, estorsione e violenza privata, aggravate dal metodo mafioso e dallo scopo di favorire il clan Batti. Guastafierro, Izzo e Buono, invece, erano stati coinvolti già nel 2015 in un sequestro di sigarette di contrabbando dalla Tunisia. Secondo gli investigatori, Batti gestiva l'import di droga e armi, e le forniture di cocaina per diverse piccole piazze di spaccio di Terzigno, San Giuseppe e Ottaviano. Le indagini erano partite nel 2013, dopo i tentati omicidi di Luigi Avino e di Fabbrocini. Quest'ultimo aveva denunciato ai carabinieri una finta rapina. Nel corso delle indagini, sono state sequestrate alcune forniture di cocaina alle piazze di spaccio gestite da Felice Sabbatino e Michele Tufano, e 6 fucili a Giuseppe Boccia. Nelle intercettazioni nelle auto usate dagli indagati, è emerso come il clan Batti utilizzasse, comprasse e rivendesse armi: pistole di vario calibro, mitragliette e addirittura un bazooka.
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