Scampia, le donne in campo: «Niente asili, bus e movida: vogliamo normalità»

Scampia, le donne in campo: «Niente asili, bus e movida: vogliamo normalità»
di Valerio Esca
Venerdì 4 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 5 Marzo, 08:34
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«Siamo le donne di Scampia. Donne di questa città. Vogliamo una straordinaria normalità fatta di mobilità, lavoro dignitoso, servizi, luoghi e occasioni culturali e per il tempo libero». L'ennesimo grido di denuncia che arriva da Scampia è quello di un gruppo di donne, che con la Kumpania e l'associazione Chi rom e...chi no intrecciano le loro storie di vita e il loro futuro all'interno del centro Chikù. Un j'accuse che cade a pochi giorni dalla giornata internazionale della donna. Dopo il centro territoriale Mammut, che appena un mese fa definì Scampia come «zona di dopoguerra», ci pensano adesso le mamme, le figlie, le amiche e le sorelle dell'area nord a fotografare una realtà fatta di sogni e speranze, ma anche di abbandono, degrado, disagi e frustrazioni. 

«Andarsi a fare una passeggiata o dedicarsi al proprio tempo libero senza sentirsi in colpa, è praticamente impossibile - raccontano -, anche perché se non hai una macchina, o se non puoi pagare l'assicurazione, non hai il tempo di concederti nulla.

Nel quartiere-città che qualche anno fa secondo le statistiche era il più giovane d'Europa, non c'è molto riguardo per la quotidianità e il benessere delle bambine, dei bambini, delle giovani e delle donne che se ne prendono cura nella maggior parte dei casi». Una Scampia che «non ha riguardo per le studentesse universitarie o per le lavoratrici che vanno fuori dal quartiere in metropolitana e la sera al ritorno - spiegano - si ritrovano in un deserto perché non ci sono autobus. Per non parlare di una vita notturna che, se si riesce ad affrontare senza paura, diventa quasi un lusso. La difficoltà di spostarsi in un territorio così vasto è forse tra le prime cause di disagio e di isolamento». A Scampia le donne sono la maggioranza. Sono loro a portare i figli a scuola, ad accompagnarli a calcetto, al doposcuola, o ai laboratori. Vanno insieme a fare la spesa, si prendono cura degli anziani. Pronte a chiudersi in casa perché c'è una pandemia e bisogna fare la didattica a distanza. Costrette a restare a casa «perché si fa troppo tardi per andare in giro da sole». 

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La carenza di asili nido, le scuole senza orario prolungato, i pochi spazi comunitari, la difficoltà di accesso ai servizi per la persona. Le donne di Scampia mettono in fila il Rosario. «Poi c'è la sicurezza urbana - incalzano -, soprattutto la sera quando cala il buio e l'illuminazione pubblica è insufficiente determinando tante rinunce per raggiungere il centro o i luoghi dove potersi dedicare al benessere, alle relazioni e al tempo libero». «A noi l'ambizione e il sogno e l'impegno di portare avanti uno spazio che è una scommessa - fanno sapere le donne di Scampia - il centro interculturale Chikù dove ci siamo unite per avviare un'impresa sociale che fosse a misura dell'universo guardato e vissuto al femminile. Abbiamo unito le forze e le voci per portare quotidianamente avanti richieste precise. Vogliamo asili, servizi pubblici, scuole aperte il pomeriggio, investimenti per rendere gli spazi pubblici culturali aperti e fruibili, una maggiore mobilità, la sicurezza per poter prendere una metro o passeggiare per strade illuminate. Vogliamo l'Università promessa per vedere il nostro quartiere attraversato da contaminazioni culturali e occasioni di lavoro per tutti e tutte». E infine il tema del lavoro «sottopagato, senza alcuna garanzia o prospettiva». Sempre che si abbia la fortuna di avercelo un lavoro «regolare o meno, ma che importa - tuonano -. Per chi ha retto all'impatto della crisi, per chi è stata licenziata, o per chi è stata costretta a lasciare». Scampia, periferia Nord di Napoli, periferia del mondo. 

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