Schiaffo all'antimafia, beni confiscati
ai clan sono ridotti a ruderi

Schiaffo all'antimafia, beni confiscati ai clan sono ridotti a ruderi
di Luigi Roano
Giovedì 15 Agosto 2019, 10:38 - Ultimo agg. 16 Agosto, 00:26
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Lo stato dell'arte sui beni confiscati alla criminalità organizzata vede la Città metropolitana fuori dal Consorzio Sole (che gestiva i beni), una decisione assunta un anno fa: cosa è successo in 12 mesi? Nulla. Il risultato della scelta di uscire dal Consorzio ha prodotto solo che i beni trasferiti alla ex Provincia non sono stati assegnati alle associazioni no profit, alle cooperative dei giovani che così spesso si sono inventati un lavoro, che sono a supporto dei più deboli, che con le loro azioni sono l'antimafia militante e che hanno fatto invano richiesta di una sede. Di più: c'è la beffa che questi beni costano tra tasse, more e una super Imu circa 110mila euro l'anno: soldi gettati via. Inoltre, molti di questi beni sono sostanzialmente inutilizzabili in quanto abbandonati. Perché c'è lo stallo? La Città metropolitana non ha ancora istituito l'ufficio che dovrebbe prendere in carico i beni, valutarli e laddove possibile assegnarli, ruolo che svolgeva il Consorzio. Insomma, un pasticcio burocratico figlio anche di lentezze politiche che fanno rabbrividire, atteso il significato altamente simbolico dei beni confiscati ai clan. Uno schiaffo alla memoria di Amato Lamberti che della Provincia fu presidente e che fece della lotta alla camorra e della battaglia sulla riassegnazioni dei beni confiscati alla società civile una ragione di vita.

 
IL J'ACCUSE
Carmine Sgambati, consigliere metropolitano delegato ai beni confiscati nonché consigliere comunale a Napoli - un arancione della prima ora, vicino al sindaco metropolitano Luigi de Magistris - sintetizza così la vicenda. «Nel Consorzio Sole, la Città metropolitana aveva il ruolo di ente capofila e costituiva un tramite tra Agenzia Beni Confiscati e Consorzio stesso - racconta - in altri termini, l'Agenzia Beni Confiscati trasferiva gli immobili alla Città metropolitana per il successivo conferimento al Consorzio». Per Sgambati «con l'uscita dal Consorzio i beni che non erano già stati assegnati sono tornati nella disponibilità della Città metropolitana. Quindi, per questi occorre procedere alla relativa destinazione. Un'attività per la quale l'ente fino a poco tempo fa non si era ancora organizzato». Quindi la Città metropolitana ora ha il problema di dover destinare gli immobili così suddivisi: immobili per i quali occorrono atti di convalida da parte del Consiglio Metropolitano e immobili che devono essere restituiti all'Agenzia Beni Confiscati, in quanto inservibili. Perché ciò non accade? «La svolta - conclude Sgambati - arriverà in autunno grazie alla costituzione dell'Ufficio beni confiscati. Ho impiegato un anno per ottenere questo risultato e ho dovuto minacciare di rimettere le mie deleghe per fare istituire l'ufficio. Questo perché il potere di realizzare il pubblico interesse finisce con il ricadere interamente sui burocrati».
I BENI
Un patrimonio milionario di cui si ha notizia di una decina di stabili tra Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Casalnuovo, Nola, Pomigliano, Ercolano. Poi si passerà alla verifica su cosa c'è su Napoli da assegnare a Palazzo San Giacomo. Ma lì da questo punto di vista la burocrazia funziona bene. Si tratta - in tutta l'area metropolitana - di ville, appartamenti, palazzine, locali commerciali, terreni con fabbricati a rustico e ruderi con terreno circostante. Un patrimonio immobiliare dal valore milionario tra Napoli e la provincia, confiscato e conferito ai Comuni dall'apposita Agenzia nazionale, e dagli enti assegnato nel corso degli anni al Consorzio e di cui si sono perse le tracce. Uno degli esempi più fulgidi del riutilizzo di questi beni è la sede affidata per costituire Radio Siani, oppure lo sportello anticamorra per passare alle fattorie sociali con la produzione dei vini e delle specialità locali fino alle associazioni di protezione civile. Sì, la Protezione civile, dove c'è un paradosso: tanti volontari, ma non si sa dove trovare le sedi per riunirli in caso di emergenze.
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