Scontri a Napoli, il vicequestore della Digos in aula: «Sassi e petardi su di noi»

Scontri a Napoli, il vicequestore della Digos in aula: «Sassi e petardi su di noi»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 31 Ottobre 2020, 10:30
4 Minuti di Lettura

Ha ancora negli occhi le immagini della guerriglia di poche ore prima e ricostruisce l'inferno di via Santa Lucia, a partire da una consapevolezza: si è trattata di un'aggressione pianificata, con il blocco di alcune strade, il lancio calibrato di oggetti e petardi, con ritirate strategiche e nuove cariche contro le forze dell'ordine. Sabato scorso, come teste d'accusa dinanzi ai giudici della quarta sezione penale, c'è il vicequestore Vincenzo Ciondolo della Digos, impegnato assieme ai suoi uomini a sedare la guerriglia urbana che ha infiammato Napoli.

Una testimonianza che parte da una premessa: sin da venerdì c'è stata attenzione da parte delle forze di polizia nel predisporre presìdi su tutto il territorio, dal momento che diverse manifestazioni erano state annunciate a mezzo social network.

Nessun particolare era stato trascurato, ma quanto avvenuto in via Santa Lucia era oltre ogni previsione. Spiega il vicequestore, «erano stati predisposti servizi in zona centrale, presso l'università Orientale e il Lungomare». Sono le 23 del 23 ottobre, quando in pochi minuti lo scenario cambia, con commercianti e gente dello spettacolo che abbandonano il corteo di fronte all'ingresso di «almeno 150 motorini, con due o tre persone in sella». 

 

Torniamo all'inizio del corteo: «Erano 500 persone in piazza San Giovanni Maggiore Pignatelli, successivamente da questo gruppo circa 150 persone si sono avviate verso la Regione a piedi e a loro si sono uniti, oltre ad altri manifestanti di natura spontanea, anche 150 motorini con due o tre persone in sella che hanno raggiunto tutti la Regione. Quindi ci siamo avviati anche noi in quella parte». È la svolta, in negativo, della serata. Da un corteo fatto di «commercianti, gente dello spettacolo e centri sociali» nei pressi dell'Orientale, si passa a un altro tipo di manifestazione. La protesta cambia pelle, cambia facce, via via che si sposta verso la sede della Regione, in zona Santa Lucia. 

Video

C'è un piano di assalto contro la polizia, che prevede l'occupazione delle vie di fuga, incursioni e ritirate strategiche: «Hanno iniziato a effettuare dei blocchi su via Partenope, tanto che, quando siamo arrivati in prossimità della Regione il personale su quel punto schierato è stato aggredito da circa 200 manifestanti: prima frontalmente, poi tra via Orsini e via Santa Lucia». Quarta sezione penale, il giudice Giuliana Taglialatela ascolta le premesse di uno scontro culminato in danni non ancora quantificati, decine di soggetti identificati, due manifestanti arrestati, poi condannati per resistenza. E il vicequestore va avanti: «Non riuscendo a raggiungere con il lancio di bottiglie e di petardi i nostri reparti, hanno girato per via Turchi, lanciando anche da questo altro lato, su via Santa Lucia (perché era più vicina, a una distanza di 20 metri) bottiglie, pietre e quanto potevano lanciare». Inizia così una manovra di accerchiamento da parte delle forze dell'ordine, che reagiscono a una sassaiola scatenata da un gruppo di venti persone contro «personale scudato». È a questo punto che i manifestanti battono in ritirata, mentre gli agenti riescono a bloccare due soggetti ritenuti vicini a un gruppo di facinorosi. Ed è così che vengono arrestati nel cuore della notte Marcantonio Pino (ritenuto in possesso di una bottiglia come possibile oggetto contundente) e Oreste Aloe, che oppongono resistenza alle manette. Spiega ancora il vicequestore: «Nel momento in cui hanno visto che li abbiamo fermati... hanno cercato comunque di danneggiare la nostra vettura e non credo per farli uscire, ma era un atteggiamento da parte di chi non accettava che facessimo fermate o che portassimo altri soggetti in ufficio». Il resto è storia di un processo che si conclude con la condanna di Aloe a un anno e due mesi (per lui era stata chiesta una condanna a 4 anni) e un anno e otto mesi per Pino (per il quale era stata chiesta una condanna a cinque anni). Difesi dai penalisti Ercole Ragozzini e Flaviano Moltedo, Aloe e Pino sono stati assolti dalle accuse di violenza e sono stati rimessi in libertà nella stessa giornata di sabato (per loro obbligo di firma alla pg). Vanno avanti le indagini su registi e protagonisti della guerriglia scatenata contro le forze dell'ordine. Indagine della Digos, della Mobile, dei carabinieri, oggi si sa che erano almeno 1200 i manifestanti che hanno provato l'assalto alla Regione. Al lavoro i pool antimafia, antiterrorismo, sicurezza urbana e reati da stadio, ipotesi devastazione. Sette giorni fa si sono mossi clan di camorra, teppisti da stadio e soggetti di estrema destra, in un'azione definita tramite la messaggistica istantanea e passata attraverso 150 scooter che trasportavano anche tre persone su ogni sellino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA