Screening e tumori: a Napoli si riparte da Fuorigrotta

Screening e tumori: a Napoli si riparte da Fuorigrotta
di Ettore Mautone
Venerdì 9 Aprile 2021, 11:55
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Screening contro i tumori a Napoli, si riparte da Fuorigrotta: dopo il lungo stop alle iniziative di prevenzione primaria e secondaria (rispettivamente mirate a intercettare una malattia prima che insorga ovvero ai primi stadi di sviluppo) sabato 17 aprile è in programma lo screening gratuito per la prevenzione de carcinoma del colon retto, cervice uterina e mammella presso il distretto sanitario 25 di via Winspeare 67. Le attività sono dedicate ai residenti della Asl Napoli 1 centro. Non c'è biasogno di prenotazione. 


Luigi Pasquale, irpino, presidente della Società di Endoscopia digestiva sottolinea i danni agli screenin in epoca di pandemia da Covid: «Circa 600mila test (25 mila in Campania) non sono stati eseguiti e si ipotizza che a causa di un ritardo della diagnosi di 3 mesi, non siano stati diagnosticati 645 tumori in Italia e circa 70 in Campania, non siano stati asportati circa 4mila polipi in Italia (300 in Campania). Rischiamo di trovare tumori in uno stato avanzato con una percentuale superiore al 3 per cento innalzando il tasso di mortalità al 12 per cento».

In Campania nel piatto ci sono più di 34 milioni di euro dei fondi nazionali da assegnare alle aziende sanitarie in proporzione alle prestazioni perse da impiegate per personale, ore di specialistica rafforzamento degli screening». 


In Campania durante il primo lockdown, quando le attività ospedaliere erano sospese e gli ambulatori chiusi, si è registrato un calo del 25 per cento dei ricoveri ospedalieri (di cui il 43 per cento medici e il 57 per cento chirurgici) nelle strutture pubbliche, private accreditate e gli ospedali classificati. La frana assistenziale si è estesa, per le difficoltà di accesso alle cure, fino al terzo trimestre dello scorso anno, investendo in pieno le visite ambulatoriali, scese del 49 per cento, travolgendo gli screening per i principali tumori rimasti al palo e già in partenza molto bassi. Un’ulteriore scure sulle attività sanitarie ambulatoriali e di ricovero è poi calata per circa un mese, tra ottobre e novembre, con il secondo picco epidemico, le cui conseguenze non sono state ancora misurate. Uno scenario proseguito nel nuovo anno e che ha ingrossato a dismisura le liste di attesa ma anche fatto inabissare molte attività che, a fronte di bisogni di salute certi della popolazione, allo stato non sono ancora richieste per la paura del contagio. In più attualmente il personale delle SAsl è impegnato nelle vaccinazioni e le attività di screening continuano ad essere trascurate. 


La Regione, con il graduale ripristino delle attività, subordinato al rispetto delle misure per la prevenzione del rischio infettivologico e al netto di reparti, corsie e presidi ospedalieri ancora convertiti in unità Covid, punta al recupero delle liste di attesa con un piano ad hoc che però non è ancora decollato. Eppure nel piatto ci sono più di 34 milioni di euro attinti dai fondi nazionali per il contrasto alle code in corsia. Risorse da assegnare alle aziende sanitarie in proporzione alle prestazioni mediche e chirurgiche perse. Per le attività di day hospital, si terrà conto dell’incidenza degli accessi. Per le ambulatoriali, del numero di quelle non erogate. A fare fede sono i flussi informativi registrati con la tessere sanitaria elettroniche. 


Apertura degli ambulatori sette giorni su sette e aumento del numero delle sedute di sala operatoria anche agli orari pomeridiani completano il quadro delle strade percorribili da parte dei manager e dei dirigenti sanitari. 
L’indicazione è quella di concentrare le risorse sulle situazioni di maggiore difficoltà, assicurare le misure di prevenzione del contagio attraverso il distanziamento sociale. Periodicamente ogni azienda sanitaria dovrà stilare l’elenco delle prestazioni rimaste inevase e identificare le code più consistenti. L’obiettivo: riportare le liste d’attesa ai livelli “pre-Covid”. 

Le risorse dovranno essere impiegate per reclutare personale a tempo determinato, l’acquisto di prestazioni intramoenia all’interno dell’azienda, aumentare le ore della specialistica ambulatoriale convenzionata nei distretti. E rafforzare gli screening. Quello del colon retto è passato nel 2020 dal 5,59 all’1,56 per cento della popolazione, quello della cervice uterina dal 12,72 al 5,71, le mammografie dal 12,13 al 7,16. La riduzione totale per i ricoveri è stata invece pari al 25 per cento di cui il 43 di tipo medico e il 57 di tipo chirurgico, considerando solo i dati fino al terzo trimestre dello scorso anno. I cali più consistenti delle attività sono stati registrati nel Asl Napoli 1 centro e dalla Asl Napoli 3 sud, per le attività ospedaliere ai “Colli” (dove insiste il maggior numero di posti Covid) e al policlinico Federico II. Solo il Pascale ha incrementato le attività di ricovero e ambulatoriali. 

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