Sibilla, il mito dimenticato: la grotta sul lago d'Averno chiusa e pericolante

Sibilla, il mito dimenticato: la grotta sul lago d'Averno chiusa e pericolante
di Pasquale Guardascione
Giovedì 27 Gennaio 2022, 11:00 - Ultimo agg. 13:04
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È chiusa, inaccessibile a chiunque dal 2015. La Grotta della Sibilla sul lago d'Averno, il luogo mitico che per Virgilio coincideva con l'ingresso dell'Ade, è abbandonata a se stessa da quando il suo «Caronte», custode delle chiavi e dei mille segreti di questo posto fuori dal tempo, è andato in pensione, ma soprattutto se ne è allontanato vinto dagli acciacchi dell'età. Due giorni fa Carlo Santillo, conosciuto da tutti, nei Campi Flegrei, come il Caronte dell'Averno, a 92 anni se n'è andato per sempre. Lui che era un neonato quando, nel 1932, l'archeologo Amedeo Maiuri stabilì con certezza che è quella di Cuma, e non questa, la vera grotta da cui la Sibilla pronunciava i suoi oracoli, crescendo e imparando non smise mai di credere alla leggenda raccontata da Virgilio, che nel sesto libro dell'Eneide collocò qui, sulle sponde del lago su cui non volano gli uccelli, la profetica sacerdotessa di Apollo che, consentendo ad Enea di scendere a incontrare il padre Anchise e altre anime antiche, lo guidò verso le rivelazioni riguardanti il suo futuro. Quello che non poteva prevedere, la Sibilla, era il destino di degrado e incuria cui i discendenti del poeta mantovano le avrebbero riservato molti secoli dopo. Oggi, davanti alla porta chiusa da pesanti catenacci c'è una vecchia sedia su cui è stato posto un foglio scritto in stampatello: c'è scritto che «nella grotta al di là del muro divisorio la passerella è crollata» e che «al massimo si può superare di poco la porticina di accesso alla seconda stanza». Un modo per dire che nella grotta si sono verificati anche dei crolli. Un po' più avanti, ammassati in un angolo, i resti di candele e torce che Carlo-Caronte utilizzava per accompagnare i turisti, tanti, che nel tempo hanno visitato il sito archeologico. A maggio dello scorso anno, poi, la grotta fu violata da ignoti. La porta fu trovata aperta e la catena spezzata e lasciata a terra. Dopo i sopralluoghi tutto fu rimesso a posto e il cancello di nuovo chiuso con tanto di catenaccio. 

«Con zio Carlo va via l'ultimo Caronte della grotta della Sibilla: una tradizione tramandata di generazione in generazione, da nonno a padre, da padre a figlio per molto più di un secolo, con rispetto, onore e passione. L'ha custodita e preservata e fatta amare a re e semplici viandanti», dice il nipote Ivan Cecio. Ma perché questa attività privata per un bene archeologico? La grotta - in realtà uno dei camminamenti militari di epoca romana scavati da Agrippa nel 37 a.c. quando bonificò il lago d'Averno creandovi il Portus Julius, durante la guerra civile tra Ottaviano e Pompeo - ricade in un fondo privato: la Soprintendenza Archeologica di Napoli detiene solo la tutela del sito, e negli anni ha condizionato le visite in base alla disponibilità offerta dal proprietario del fondo. Carlo Santillo, custode dell'area, fino a che ha potuto si è anche occupato a proprie spese degli interventi di manutenzione. D'altronde la sua famiglia ha curato il sito fin dall'800: il primo fu Lorenzo Del Giudice, di cui il nonno di Carlo sposò una delle sette figlie.

Allora la strada che da Lucrino portava alla grotta era ammantata di brecciolino e il nonno si preoccupava di spianare e bagnare il terreno per evitare che al passaggio delle carrozze si levasse polvere che potesse infastidire i turisti. Poi fu la volta di Alessandro e infine di Carlo, diventato Caronte nonostante il suo impiego alle Poste, tenuto fino al 1995. 

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La grotta, scoperta durante gli scavi archeologici promossi dai Borbone nel 1750, è lunga 250 metri ed è famosa per la sua discesa agli Inferi, un budello scavato a gomito nella roccia che conduce a un corso d'acqua. In passato il fiumiciattolo si poteva guadare, per poter visitare le stanze della Sibilla sull'altro versante, solo trasportati sulle spalle dai moderni Caronte. «Mio nonno e mio padre - ripeteva spesso Carlo - hanno portato in spalla persone illustri come lo zar di Russia Nicola, donna Rachele Mussolini con il figlio Bruno, la regina Elena di Savoia, la contessa Pallavicini, Re Gustavo di Svezia e la principessa Maria José. Vederla abbandonata a se stessa mi piange il cuore». Oggi la strada sterrata che conduce alla grotta viene pulita, ma invece dei turisti la frequentano le coppiette e anche gli incivili, che abbandonano qui cartacce e rifiuti. 

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