«Un hub per l'agricoltura sociale
così la terra ha un'anima»

«Un hub per l'agricoltura sociale così la terra ha un'anima»
di Salvatore Buglione*
Lunedì 19 Giugno 2017, 10:35 - Ultimo agg. 10:50
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Prosegue senza sosta, nel Casertano, l'attività di restituzione alla collettività dei patrimoni sottratti alla criminalità organizzata. A Maiano di Sessa Aurunca, due settimane fa, alla presenza del fondatore di Libera don Luigi Ciotti, è stato inaugurato un hub per lo sviluppo dei terreni confiscati e l'agricoltura sociale. Il progetto ha luogo sul bene intitolato ad Alberto Varone, gestito dalla cooperativa "Al di là dei sogni". Ne parliamo con il presidente della stessa cooperativa, Simmaco Perillo.

Simmaco, quali sono gli elementi fondamentali di questo progetto?
Il progetto Rural Social Hub against mafia /“Ru.S.H.” è promosso dal consorzio di cooperative sociali NCO - Nuova Cooperazione Organizzata e sostenuto da “Fondazione con il Sud” e dall’ “Istituto di Studi Politici San Pio V”. Tra gli elementi fondamentali di questo progetto c’è, presso il bene confiscato “A.Varone” a Maiano di Sessa Aurunca e gestito dalla cooperativa sociale “Al di là dei sogni”, la realizzazione di un “hub”, inteso come luogo fisico e virtuale dove creare momenti di confronto, strutturare reti di collaborazione e rafforzare il sistema dell'agricoltura sociale e in generale dell’economia sociale a partire dai beni confiscati. Un “hub” come servizio per tutti su un bene comune, per connettere le diverse realtà e reti (formali e informali) che promuovono l’utilizzo dell’agricoltura sociale, il riutilizzo dei beni confiscati, i processi di innovazione sociale legati al mondo rurale. E’ stato interessante percorrere tutta la regione Campania e incontrare “faccia a faccia” chi in qualche modo ha deciso di “ridare dignità alla terra e alle persone” e soprattutto sono onorato delle parole dichiarate da don Ciotti, che penso abbia colto bene il senso del progetto: "Qui si realizza l'enciclica "Laudato sì" di Papa Francesco, si raccoglie il grido della terra. Questo progetto concretizza l'ecologia integrale che ci insegna il Papa, si mettono al centro le persone e le relazioni, comprendendo che questione sociale e questione ambientale stanno insieme e rappresentano il cuore delle sfide che dobbiamo affrontare”.

L'hub è dedicato a Miro Kodelja, suonatore di foglie, sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau e a 40 anni di manicomio. Quali sono i motivi di tale scelta?
Miro Kodelja, o Federico per noi che l’abbiamo conosciuto e “vissuto” negli ultimi anni della sua vita, era un anziano signore dagli occhi blu intensi, che sono andato a prendere all’indomani della dismissione dei manicomi, appoggiato in una struttura transitoria a Pescopagano. Miro ha vissuto con noi in un gruppo di convivenza, in quegli anni in cui il Budget di Salute con la realizzazione dei P.T.R.I. (progetti terapeutici riabilitativi individualizzati, ndr) era ancora una metodologia sperimentale in provincia di Caserta; ma quella metodologia ha permesso che Miro negli ultimi anni della sua esistenza, dopo l’esperienza dei campi di concentramento di Dachau, dopo il manicomio, dopo i sistemi totalizzanti, avesse ancora la possibilità di vivere in una dimensione familiare, in un ambiente terapeutico globale, dove lo spazio, il tempo, le relazioni diventavano dimensioni esistenziali di cura. L'hub è dedicato a lui perché, attraverso il suo suonar la foglia, aveva ancora la “bellezza troppo bellezza” (come diceva lui!) di suonare e raccontare la sua vita, che nonostante tutte le difficoltà riconosceva come buona, quando nel salutarti ti lasciava con “Buona vita!”. E forse l’utopia sta proprio in questo, in una scelta di fedeltà ad uno solo dei due ambivalenti significati etimologici della parola, nell'aderenza alla costruzione di un’ u-topia come “buon luogo” e al bene confiscato come realizzazione e messa a disposizione di un “luogo di buone possibilità”, dove ogni essere è lasciato nella piena libertà di esprimersi, di trovare posto di relazioni, di scambio, di casa, di incontro, di lavoro, di affetti, di vita. Ecco perché Federico è diventato per noi un simbolo.

In occasione dell'inaugurazione dell'hub, don Luigi Ciotti si è rivolto al mondo delle cooperative ricordando che «la terra ha un'anima». La vostra attività da anni rispetta in pieno questo principio e rappresenta una delle migliori risposte ai fenomeni criminali. Quanto è importante riqualificare i terreni confiscati e soprattutto generare sugli stessi economia sociale in un territorio complesso come quello del Casertano?
Oggi più di ieri è importante restare uniti e ridare nuova linfa a chi in qualche modo vuole raccogliere la sfida di restituire alla comunità i beni confiscati. Penso ci sia stata una prima fase, importante, in cui il bene confiscato è stato un “simbolo di comunità libere e liberate” ma oggi, se vogliamo veramente incidere sui territori, bisogna riqualificare e riutilizzare tutti i beni, fare in modo che gli stessi diventino progetti sostenibili. Non basta più e solo il bene confiscato “simbolo”, è importante fare rete, mettere a sistema, creare sinergie anche con il profit buono dei nostri territori, per creare veri distretti di economia sociale. In questo modo e in questo senso l’economia sociale può essere un reale antidoto al sistema criminale.

*Responsabile Comunicazione Fondazione Polis
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