Sisma dimenticato, la rabbia
di Ischia: «Noi soli tra le rovine»

Sisma dimenticato, la rabbia di Ischia: «Noi soli tra le rovine»
di Gigi Di Fiore
Martedì 6 Agosto 2019, 08:46
4 Minuti di Lettura
Inviato a Ischia

Mimmo Senese indica le mura e le pietre di tufo ischitano della sua casa sulla via Borbonica a Casamicciola. Ci sono i puntelli, è sbarrata, ci sono attorno anche detriti. Come tanti altri, attende che gli dicano qualcosa su come fare a ristrutturarla.
 
 

Da quanto non riceve informazioni, Mimmo?
«Da sempre. Guardi, questo è l'agglomerato di case della mia famiglia. Intorno ci sono abitazioni realizzate più di cento anni fa, sono in piedi anche se con le crepe provocate dall'ultima forte scossa di due anni fa. Possibile che non ci si dica cosa dobbiamo fare per metterle a posto con i criteri migliori, che non si possono iniziare i lavori?»

Ricorda la sera del 21 agosto di due anni fa?
«Eccome se la ricordo. Aiutai mio nonno, di cui ho preso lo stesso nome di battesimo, a uscire dalla sua casa che aveva subito crolli. È il più anziano terremotato, con i suoi 92 anni. Quell'altra casa dietro è di mio fratello, quell'altra di una mia sorella. È un piccolo nucleo di abitazioni del nostro nucleo familiare, legati a questa strada, a questo luogo storico, con il cuore, i ricordi, l'affetto».

Dove vivete, ora?
«Siamo tutti a Forio, in affitto. Ma la nostalgia è tanta. Ischia è uno scoglio dove, anche se si è tutti sulla stessa isola, ognuno è legato al proprio Comune, al proprio territorio, alla realtà dove è cresciuto, dove i padri, i nonni e i genitori dei nonni hanno costruito la loro casa».

 

All'approvazione del decreto sul ponte Morandi di Genova, cui si sono agganciati i fondi per la ricostruzione a Ischia, molti hanno ironizzato e criticato la presenza di troppe case abusive sull'isola. Sa che molti immobili inagibili hanno richieste di condono in corso?
«Non so cosa facciano gli altri. Parlo della mia famiglia. Abbiamo tutti i documenti dei permessi e delle licenze delle nostre case sin dall'inizio della costruzione. Ogni pietra qui è regolare, perciò ci sentiamo in diritto di rivendicare rapidità nella stima dei danni e nell'avvio dei lavori. Paghiamo le tasse, la nostra attività va avanti con il sudore da molti anni».
Avete avuto danni, nella vostra attività?
«Per fortuna, la sede della nostra ditta di macchine e prodotti per l'agricoltura non ha avuto danni e ha continuato sempre la sua attività. Ma naturalmente abbiamo subito un calo nella clientela. Prima, tutt'intorno, c'erano centinaia e centinaia di residenti ora trasferiti dalle loro case. L'evacuazione ha causato la perdita di vendite per noi. Una conseguenza inevitabile, per lo spopolamento triste che si vede tra piazza Majo e la via Borbonica».
Cosa si sente di chiedere alle istituzioni?
«Ci dicano cosa dobbiamo fare per rendere le nostre case agibili e riportare la vita in via Borbonica e nell'intera area investita dal terremoto. La zona rossa non può più restare un deserto. Ci sono danni, crepe, ci sono pericoli nelle strutture che pure hanno resistito per oltre un secolo? Bene, ci dicano a quanto ammontano questi danni con i loro tecnici, ci dicano cosa si deve fare per rendere agibili le nostre case. Ma non ci lascino più in questa incertezza, in questo silenzio, in quest'attesa».
Crede non si sia fatto nulla in questi due anni?
«Parlo di quello che vedo. Ci sono i puntelli. Nel tratto di strada, che chiamiamo le tre croci, un muro più volte segnalato come pericoloso è stato puntellato solo pochi giorni fa. Questo è stato fatto, ma sulle case private, oltre la chiusura e la dichiarazione di inagibilità, nulla. Non possiamo fare da soli, dobbiamo aspettare i tecnici e le direttive delle istituzioni. Lo facciano, perchè noi da sempre paghiamo le tasse, non esiste un centesimo del nostro lavoro che non sia regolare».
A Forio, che non è molto distante, sentite la mancanza dei luoghi dove siete nati e cresciuti?
«Certamente. Queste sono le nostre radici. In questa storica parte dell'isola siamo come una sola famiglia. I Senese, i Monti, i Costanzo, tanto per fare alcuni nomi di famiglie radicate qui da tempo, sono uniti da anni e anni di vicinanza e frequentazione quotidiana. Non possiamo restare a lungo in altre case, in altre zone. Mio nonno si sente stradicato, anche se è a Forio che è sempre sull'isola d'Ischia. Vogliamo tornare nelle nostre case».
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