Sotto il cielo di Scampia

Sotto il cielo di Scampia
di Melina Del Villano
Giovedì 23 Settembre 2021, 11:03 - Ultimo agg. 11:05
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Cosa serve ad un uomo per riscattarsi da una vita infame, povera di soldi e amore? Tutto il sangue che tiene in corpo. Quello stesso sangue che, in passato, aveva premuto forte nelle vene di Davide al solo possesso della prima arma carica. Davide cresce a Scampia, quartiere -dormitorio a nord di Napoli. Nono di 14 figli, non gli sembra vero che dalla campagna di Miano vada ad abitare in un palazzo vero. Anzi, ad abitare nelle Vele. Costruzioni dalla forma triangolare che ricordano, appunto, la forma di una vela. Secondo il progetto dell’architetto Di Salvo dovevano rappresentare il non plus ultra dell’edilizia popolare anni ’60. Ma, ben presto, come capita in tutte le periferie del mondo, tra immondizia, abbandono, figli, tanti figli, miseria, degrado, disperazione, prosperano delinquenza e sopraffazione. Il background familiare di Davide è complesso. Il padre si dà alla macchia, la madre viene, più’ volte, arrestata per spaccio di sostanze stupefacenti. Così anche Davide viene attirato da una vita di espedienti. A 10 anni diventa un piccolo corriere di armi e droga. A 14 spaccia di tutto come il più consumato dei pusher. A 18, l’arresto. Le sbarre. Lo sguardo torvo degli altri detenuti. L’ora d’aria. La risata forzata. L’avvocato. I giudici. Le carte. Il processo. La sentenza.

In questo bailamme unico, Davide si ferma. Trova una copia del Vangelo su un letto della cella. Ne strappa compulsivamente tre pagine che parlano del re Davide. Legge con tutta la forza. Non smetterà più di farlo, anche una volta uscito di prigione.

Si nutre, come lupo famelico, delle letture più disparate. Passa dalle opere di Danilo Dolci, Majakovskij, a quelle di Pasolini. Ma è Pasolini -afferma Davide-a cambiargli la vita. Pasolini che più di tutti aveva descritto la vita dei dimenticati, dei “borgatari” romani. Il mondo del sottoproletariato visto attraverso la lente d’ingrandimento del grande letterato. Davide Cerullo come Tommaso Puzzillo, l’interprete pasoliniano di “Una vita violenta”, romanzo che all’epoca desta non poco clamore per gli argomenti delicati di cui tratta. Opera che evidenzia la differenza di classe. Un mondo borghese e conformista da una parte e un mondo disadattato e “borgataro” dall’altra. Davide, spacciatore, Tommaso, ladro e prostituto. Entrambi, però, sebbene Tommaso nella finzione letteraria, riescono a ricostruire un Io macerato in un Io propositivo, proiettandolo verso la normalità dell’esistenza. Oggi, Davide non ha bisogno di pubblicità. È diventato scrittore perché la Sanità della parola-come lui dice-guarisce i mali. È diventato fotografo attento perché qualcuno riprendesse i volti dei bambini di Scampia e non li dimenticasse. È diventato educatore perché questi bambini, Davide li prendesse per mano e li accompagnasse all’“Albero delle storie”, associazione da lui stesso fondata. Un luogo per giocare, cantare, studiare, perché l’infanzia non si nega. L’infanzia si protegge. Intanto, sotto il cielo di Scampia, un’altra possibilità...

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