Agguato di camorra al Roxy Bar. Sembra il titolo di un film degli anni Settanta. E invece ieri sera nel bar di via Silone ad Arzano, due killer, giovanissimi, hanno fatto irruzione nel locale sparando all’impazzata. Un’azione rapida che ha lasciato sul pavimento del bar cinque feriti, tra questi un 61enne, Mario Abate, che abita nella zona, una persona totalmente lontana da ambienti criminali, che aveva appena acquistato una bibita da consumare per la cena. Un’altra vittima innocente di questa camorra scatenata che non si fa nessuno scrupolo a sparare all’impazzata, quando e dove vuole.
Insieme al cliente sono stati feriti Salvatore Petrillo, 29 anni, vero obiettivo del commando, cugino di Pasquale Cristiano, noto anche come «picstick», finito in manette perché, malgrado fosse ai domiciliari, aveva sfilato lungo le strade di Arzano in Ferrari a capo di un corteo di auto di lusso in occasione dei festeggiamenti per la prima comunione del figlio, e nipote di Pietro Cristiano, uno dei «fondatori» del temibile clan 167, nome mutuato dal quartiere della case popolari di via Atellana, recentemente bonificato nel corso di un blitz con lo sfratto coatto di camorristi che avevano occupato abusivamente alloggi destinati ai legittimi assegnatari.
Con il nipote del boss sono stati feriti Roberto Lastra, 36 anni, Vincenzo Merolla, 18 anni, e Luigi Casale, 39 anni, personaggi che secondo gli inquirenti gestirebbero una piazza di spaccio sotto i portici di via Silone.
La strage sfiorata, perché di questo si è trattato, ha scatenato panico e terrore nella zona. Lo spazio di pochi minuti di silenzio che è seguito alla sparatoria è stato poi spazzato via dalle sirene delle auto dei carabinieri della locale tenenza, seguiti a ruota dai colleghi della compagnia di Casoria e dai militari del nucleo investigativo di Castello di Cisterna. Sul posto sono stati ritrovati una ventina di bossoli di grosso calibro e, come avviene in questi casi, non si è fatto avanti nessun testimone, nonostante al momento dell’agguato ci fossero per strada numerosi passanti. In questa autentica polveriera che è diventata Arzano, la mancata strage del Roxy Bar, potrebbe avere avuto nelle prime ore del pomeriggio un ipotetico prologo sul quale sono in corso accertamenti.
Proprio ieri è tornato in libertà Giosuè Belgiorno, figura della camorra a nord di Napoli, meglio noto come «il grande», figlio di Cesare Pagano, fondatore del clan insieme al cognato Raffaele Amato, e referente del sodalizio ad Arzano. La sua scarcerazione è stata salutata, in via Zanardelli, zona del centro storico, con una maxi esplosione di fuochi d’artificio accompagnati da prosecco e champagne a fiumi e tanti applausi di una coorte ossequiante. E che non corresse buon sangue tra Giosuè Belgiorno e i nuovi boss della 167, era un fatto noto, ma mormorato a mezza bocca, proprio perché i personaggi contrapposti hanno quello spessore criminale di decidere anche azione come quella del Roxy Bar. Intanto il cielo sopra Arzano è tinto già di rosso sangue, soprattutto nel prossimo futuro.