Spari ai baretti di Chiaia, accordi in cella per salvare il figlio del boss

Spari ai baretti di Chiaia, accordi in cella per salvare il figlio del boss
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 4 Giugno 2018, 22:50 - Ultimo agg. 5 Giugno, 12:43
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Come due genitori di alunni di Liceo che vengono scoperti a marinare la scuola, provarono ad appianare la situazione. In che modo? Cercando una linea comune sulla stessa versione dei fatti, all’insegna dell’evitiamo contraddizioni e «sistemiamo la cosa». Solo che a cercare una sintesi non ci sono due genitori ansiosi per il destino scolastico dei figli, ma risse e tentati omicidi a colpi di pistole e tirapugni. Quanto basta a spingere i giudici a sottolineare il rischio di inquinamento probatorio e di fine mafioso.
 

Di cosa stiamo parlando? Delle intercettazioni in una sala colloqui del carcere di Poggioreale, nel corso della quale il presunto boss di Fuorigrotta Vitale Troncone spiega alla moglie la strategia per evitare che il figlio venga processato e condannato per gli spari di via Carlo Poerio.  
Ricordate la rissa dello scorso novembre? Gli spari nel mucchio da parte di Giuseppe Troncone, il figlio ventenne di Vitale? Ecco, su quell’episodio pesano oggi le intercettazioni di Troncone senior, con le quali il presunto boss di Fuorigrotta provava a stabilire un ponte con il suo alter ego di San Giovanni, il presunto boss Bernardo Formicola, detenuto a Terni e parente di uno dei picchiatori che scatenò l’inferno in quel sabato di novembre. Eccolo lo scenario mafioso individuato dalla Dda di Napoli (i pm Celeste Carrano, Antonella Fratello, l’aggiunto Filippo Beatrice), che ha convinto i giudici del Riesame a rigettare la richiesta di revoca della misura cautelare a carico dello stesso Giuseppe Troncone. Resta in cella con l’accusa di tentato omicidio aggravato dal fine mafioso, mentre i suoi aggressori - parliamo di quattro minori - sono destinati ad essere processati dal Tribunale dei Colli Aminei per rissa aggravata. 

Ma torniamo alle intercettazioni che stanno alla base di quest’ultimo provvedimento cautelare che ha colpito Troncone, a partire da quanto viene intercettato all’interno di una sala colloqui in cui è ristretto il presunto boss di Fuorigrotta: «Ho parlato con Bernardo Formicola - è la sintesi del colloquio - dobbiamo fare in modo che dicano tutti la stessa cosa...». Indagini della Dda, nessun riscontro. Facile immaginare che quella di Troncone sia stato un semplice proposito, una boutade nel pieno delle indagini sulla ricostruzione della rissa di via Poerio. Indagini serrate da parte della Mobile del primo dirigente Luigi Rinella, il caso sembra essere chiuso. Come raccontato dal Mattino lo scorso 15 maggio, la rissa ai baretti scoppiò per una sorta di invidia provata dai rampolli del Bronx di San Giovanni (legati alla famiglia Formicola) per un video che circolava in rete: quello delle 45 bottiglie di champagne stappate una ventina di giorni prima in un locale di provincia da Troncone jr e dagli amici seduti allo stesso tavolo. 

Una «spacconata», una provocazione, secondo quanto scrive il giudice che ha firmato gli arresti bis di Troncone, che mette in moto un desiderio di rivalsa da parte di quelli di San Giovanni. È la notte tra sabato 16 e domenica 17 novembre, sono le tre nella zona della movida di Chiaia, quando arrivano i Formicola. Mazze da baseball, coltelli, tirapugni. Troncone e i suoi amici vengono accerchiati, stanno per avere la peggio, quando Troncone jr (quello delle 45 bottiglie di champagne) estrae la pistola e fa fuoco. Ferisce diversi minori, tra i quali un soggetto che ha precedenti per rissa e che lo ha riconosciuto dinanzi ai pm. 
LA DIFESA
Scenario controverso: Troncone è accusato di tentato omicidio, nel processo immediato che avrà inizio a luglio; ma è anche parte offesa di una rissa organizzata dal suo principale accusatore. Difeso dai penalisti Antonio Abet e Giuseppe Troncone, si dice estraneo a logiche di camorra, limitandosi a ricordare che quella notte provò solo a salvarsi la vita.
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