Spari in carcere a Frosinone: è stato il ras napoletano Peluso, sim inghiottita prima di consegnare il telefono

Spari in carcere a Frosinone: è stato il ras napoletano Peluso, sim inghiottita prima di consegnare il telefono
di Luigi Sabino
Lunedì 20 Settembre 2021, 19:20 - Ultimo agg. 19:36
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Si chiama Alessio Peluso il detenuto che sabato pomeriggio ha sparato all’interno del carcere di Frosinone contro altri tre ospiti della struttura carceraria. Napoletano del quartiere Miano, il 28enne, conosciuto con il soprannome di ‘o niro, era finito in galera alcuni anni fa con l’accusa di essere un esattore di un sodalizio criminale che, in quel periodo, stava cercando di raccogliere la pesante eredità della cosca Lo Russo, quest’ultima disarticolata da arresti e pentimenti.

Secondo la ricostruzione della Polizia Penitenziaria i fatti sarebbero avvenuti poco dopo le 15.30 di sabato quando Peluso avrebbe chiesto di andare a fare una doccia all’agente di sorveglianza alla sua sezione.

Una volta aperta la porta della cella, però, l’inizio del dramma con Peluso che punta una pistola semiautomatica, una 7,65, contro il volto dell’agente prendendolo in ostaggio.

L’obiettivo del detenuto sono le chiavi delle altre celle e, in particolare, quelle in cui si trovano due napoletani e un cittadino albanese. Sono loro il bersaglio del 28enne. Il motivo è che alcuni giorni prima, per cause ancora da accertare, i tre si sono resi protagonisti di un violento pestaggio ai danni di Peluso che, ora, è intenzionato a vendicarsi. Il detenuto, dopo essersi impossessato delle chiavi, punta alla cella in cui sono reclusi i due napoletani. Vuole aprirla per regolare i conti ma non ci riesce. A questo punto, infila, la mano che impugna l’arma all’interno della feritoia e inizia a sparare all’impazzata.

La stessa scena si ripete pochi secondi dopo nei pressi della cella in cui è detenuto l’albanese. Solo un caso ha impedito che la furia di Peluso causasse vittime. Nel frattempo, però, nella sezione sono arrivati gli altri agenti della Polizia Penitenziaria che puntano le armi sul 28enne dopo averlo circondato. Basta un movimento e il tutto potrebbe concludersi in tragedia. Invece, Peluso, fa un gesto inaspettato. Lentamente prende un cellulare e contatta il suo avvocato difensore, il penalista napoletano Domenico Dello Iacono. «Avvocato ho sparato a uno - ha urlato al telefono - ci stanno le guardie». L’avvocato, compreso quanto stava accadendo, si è ritrovato, suo malgrado a fare da negoziatore. «Alessio non fare sciocchezze. Consegna la pistola e stai tranquillo che ci sono io al telefono. Ho sentito tutto e non ti faranno niente. Posa la pistola».

Una trattativa durata pochi secondi, ricorda l’avvocato Dello Iacono. «L’ho sentito dire ‘Va bene, ma solo perché me lo dici tu avvocato’, poi le voci degli agenti che urlavano ‘è finita, è finito tutto’. Poi niente altro». Peluso ha deciso di arrendersi ma prima di consegnare la pistola e il cellulare, prende la scheda sim e la ingoia. 

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Anche per il suo legale, il movente che ha armato la mano di Peluso è la vendetta. A Il Mattino, ha riferito che alcuni giorni prima era stato contattato telefonicamente dalla moglie del 28enne che gli aveva riferito del violento pestaggio. Il penalista, contattato il suo assistito, gli aveva suggerito di denunciare l’accaduto che, nel frattempo, si sarebbe attivato per farlo trasferire. Ma ‘o niro, di denunciare non ne ha voluto sapere quindi l’avvocato Dello Iacono si era ripromesso di raggiungerlo in carcere per farlo ragionare. Peluso, però, non ha aspettato e, anzi, ha deciso di farsi giustizia da solo. A questo punto, tuttavia, sorge una domanda ossia  come sia stato possibile introdurre un’arma carica e un cellulare in carcere. Secondo il racconto di alcuni testimoni, pochi minuti prima che scoppiasse l’inferno, si era sentito un ronzio simile a quello prodotto dai rotori di un drone. Qualcuno dall’esterno, quindi, avrebbe ‘pilotato’ il piccolo veicolo fino alla cella occupata da Peluso permettendogli di recuperare il pericoloso carico.

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