Spiagge discarica, la vergogna
per ogni metro 7 pezzi di rifiuti

Spiagge discarica, la vergogna per ogni metro 7 pezzi di rifiuti
di Francesco Lo Dico
Martedì 23 Aprile 2019, 09:44
4 Minuti di Lettura
Un mare di plastica, spiagge trasformate in discarica. È un'emergenza planetaria, della quale negli ultimi tempi si sta parlando con crescente preoccupazione. Ma la freddezza dei numeri descrive per la Campania una situazione drammatica: su un totale di quasi 80mila metri quadri di spiagge libere monitorate - è scritto nel rapporto Beach Litter 2018 di Legambiente - l'immondizia censita dai volontari dell'associazione contava l'anno scorso più di 15mila pezzi. Parliamo di una media di 691 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. Tradotto vuole dire che chi decide di andare a fare un tuffo è costretto a convivere con sette rifiuti per ogni metro di spiaggia.

L'IMPATTO
Ma quali sono le spiagge più sporche? In proporzione alle dimensioni, la meta balneare più degradata tra le 22 monitorate è quello delle Mortelle di Portici, mille metri quadri scarsi che ospitano 2220 rifiuti assortiti (due al metro), di cui è plastica poco più della metà. Ma sul podio delle peggiori salgono anche l'Arenile di Castellammare di Stabia (1872 «articoli indesiderati» concentrati in 2500 metri quadri), e le Monachelle di Pozzuoli (1424 rifiuti distribuiti però su 10mila metri, di cui la plastica è l'87 per cento). Ma dare la misura di quanto conti l'impatto antropico, e cioè la responsabilità umana sul fronte dell'inquinamento da plastica, sono la quarta e la quinta meta balneare della classifica di Beach Litter: la spiaggia libera di Lago Patria, distesa di 9500 metri quadri dove sono stati trovati 1038 rifiuti in totale, di cui il 92% in plastica, e l'Oasi Dunale di Paestum che conta su 3mila metri quadri di arenile invasi da 324 «reperti» di cui 307 in plastica. Degni di attenzione anche i numeri di Cava dell'Isola a Forio, piccola perla di Ischia difficilmente accessibile e meta di turismo giovanile, dove gli appena 1000 metri di arenile battuto dai volontari di Legambiente hanno restituito 886 rifiuti. Di questi erano in plastica 861, il 97 per cento. Allarmanti anche i numeri della spiaggia libera di Magazzeno a Pontecagnano, dove i 1260 rifiuti ritrovati nei 3500 quadri di spiaggia, ci dicono che ciascun bagnante deve convivere con un rifiuto ogni tre metri. Dati che fanno il paio con Eboli, dove l'invasione della spazzatura non risparmia neppure l'area protetta dunale. In proporzione pochi rifiuti (180 in 2500 metri quadri), ma in compenso all'82 per cento in plastica.

 

IL PACKAGING
Gli effetti nefasti delle scampagnate a mare non sembrano risparmiare però neppure Napoli città: qui turisti e bagnanti take-away a vario titolo hanno abbandonato l'anno scorso lungo i tremila metri quadri della celebre Mappatella beach del Lungomare 870 rifiuti, di cui quasi il 70 per in plastica. Le cattive maniere incidono più di tutto, quando parliamo di inquinamento da plastica in Campania. Basti pensare che nel complesso, il packaging alimentare abbandonato lungo le coste rappresenta il 40 per cento del totale. Più in generale, nella top ten dei rifiuti individuati spadroneggiano polistirolo (10,5%) e mozziconi di sigarette (9,9&). Ma nel complesso, è la plastica in tutte le sue articolazioni a vincere a mani basse, tra residui generici (9,2%) cotton fioc e bastoncini (8,1%), bottiglie e contenitori di plastica per bevande (6,9%), tappi, coperchi, anelli di plastica (6,8%), bicchieri, cannucce, posate e piatti di plastica (5,4%). E il conto dei pranzi al mare diventa ancora più salato, se a tutto questo sommiamo l'ulteriore 10 per cento di rifiuti abbandonati che è costituito dagli shopper, i famigerati sacchetti per trasportare il cibo sotto l'ombrellone.

LA COMPOSIZIONE
La plastica è del resto la regina incontrastata del rapporto Beach Litter: rappresenta il 76,9 per cento dei rifiuti che popolano i litorali campani. Ma il resto della spazzatura è composto anche da un non trascurabile 23 per cento spesso riconducibile a scarti di lavorazione: vetro e ceramica (8,8%), legno trattato e lavorato (5%), carta e cartone (3,8%), metallo (3,3%), gomma (1,1%) e persino tessili (0,8%) e prodotti chimici-sintetici (0,3%).

LA LEGGE
La situazione è molto seria. Ma la nuova legge Salvamare voluta dal ministro dell'Ambiente Sergio Costa potrebbe rivelarsi la grande occasione per dare una bella ripulita a spiagge e fondali, grazie al contributo decisivo dei pescatori. Che diventeranno pescatori anche di rifiuti: operatori del mare in piena regola. Il provvedimento approvato pochi giorni fa in Consiglio dei ministri è infatti una piccola rivoluzione che mira a sanare un vulnus paradossale. Nelle battute di pesca, ormai la plastica rappresenta metà del bottino conquistato ogni mattino dalle barche italiane. Eppure i nostri pescatori si vedevano finora costretti a liberarsene prima di tornare a riva, pena una doppia beffa: il rischio di finire indagati per reato di trasporto illecito di rifiuti e quello di dover pagare per lo smaltimento in quanto produttori di spazzatura. Grazie alla nuova legge però le barche potranno finalmente portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle reti che sarà consegnata nelle isole ecologiche istituite nei porti. Probabilmente una per ogni capitaneria, ma per i dettagli si dovranno attendere i decreti attuativi. In più, i pescatori si vedranno riconosciuta la fatica supplementare attraverso un certificato ambientale che darà ampio riconoscimento e visibilità al loro pescato. «La legge spiega il sottosegretario M5s all'Ambiente, Salvatore Miciello è un ulteriore strumento nella lotta alla plastica monouso che stiamo portando avanti senza sosta. Il marine litter è un problema serio, con gravi ripercussioni anche sulla catena alimentare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA