Spranghe, raid, incendi e aggressioni: ecco il branco del Rettifilo

Spranghe, raid, incendi e aggressioni: ecco il branco del Rettifilo
di Leandro Del Gaudio
Sabato 6 Agosto 2022, 23:54 - Ultimo agg. 7 Agosto, 16:02
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Non solo un pestaggio, un’azione violenta, fine a se stessa. Ma anche un metodo, un sistema di valori che si riversa in mille modi per strada, contro coetanei, negozi e arredo urbano, in una sorta di challenge che passa dai social alla vita reale senza soluzione di continuità. E che viene descritta in una chat tra coetanei, che è stata acquisita dagli inquirenti. Tre minori, dunque (L.F.; G.I., A.P.): uno studente, ben inserito nel contesto sociale del centro storico; due soggetti di estrazione diversa, ritenuti maggiormente a rischio. Sono finiti un mese fa in Comunitàdi recupero per under 18, dopo aver aggredito lo scorso 9 gennaio due ragazzini (uno dei quali ha quattro denti spaccati a colpi di bottigliate in faccia, ne abbiamo parlato lo scorso luglio); ora sono gravemente indiziati per un altro episodio di violenza. Di che si tratta? Un incendio di un distributore di snack e bevande, che si trova nei pressi del Rettifilo, angolo via Mezzocannone. Agli atti, c’è una conversazione ricavata dai cellulari di uno dei tre indagati, da cui emergerebbe la responsabilità di G.I. e A.P. nell’incendio di un distributore di snack: «Hanno preso l’amuchina dallo zaino di A.P., hanno aperto il coso dove si prende il resto, ci hanno messo l’amuchina dentro, poi l’hanno incendiata ed hanno continuato così fin quando il fuoco non è entrato nella macchinetta...», si legge da una chat ricavata dal telefonino di L.F.

Inchiesta condotta sul branco di via Mezzocannone, spuntano altri particolari (ed elementi da approfondire) dopo la denuncia sporta dai genitori di due ragazzini rimasti gravemente feriti dall’azione della gang.

Centrale è la questione delle armi.

Sono quasi sempre oggetti contundenti, armi improprie, quasi sempre ricavate da oggetti presenti in casa e che vengono riutilizzati per scopi offensivi. È il caso delle aste di metallo ad incastro (si chiamano manganelli telescopici), che si allungano alla bisogna e diventano un’arma impropria a tutti gli effetti: facili da portare appresso, mimetizzare sotto un giubbotto o all’altezza della cintola dei pantaloni, pronte ad essere sguainate quando parte l’assalto. E si scoprono raid e bravate che sarebbero stati consumati nel giro di pochi giorni. Prima il pestaggio a colpi di bottiglie di due coetanei; poi l’incendio del distributore di bevande. E non è tutto: secondo gli inquirenti, almeno almeno due dei minori “attenzionati” avrebbero fatto uso di hashish e avrebbero consumato un furto. Ma non è finita. Uno dei tre soggetti finiti sotto inchiesta sarebbe stato protagonista di una denuncia ritenuta quanto meno sospetta. È il nove gennaio scorso, quando uno dei tre minorenni finiti in comunità, dopo aver consumato un’aggressione a carico di due coetanei, si sarebbe presentato in polizia per denunciare fatti e circostanze non confermate. Avrebbe dichiarato di essere stato vittima di un pestaggio, tanto da riportare delle lesioni al viso.

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Non è tutto. Parliamo dello stesso soggetto che avrebbe tentato di confondere le acque, cambiando nome e foto sul proprio profilo social, nel tentativo di allontanare possibili denunce da parte dei ragazzi aggrediti a colpi di bottiglie e spranghe. Ma torniamo al racconto reso dal presunto capo branco dinanzi agli inquirenti.

Scrive il gip Anna Polito: «Le modalità dell’aggressione del 9 gennaio, violenta, ingiustificata, con l’uso di una bottiglia di vetro consente di ritenere attuale il pericolo di reiterazione del reato, basti pensare che A.P. e G.I., non paghi di quanto commesso (due coetanei feriti) si rendevano protagonisti dell’incendio di un distributore automatico, pochi giorni dopo. 

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