Stalking, quattro minorenni indagati a Ischia: insulti omofobi sui social

Stalking, quattro minorenni indagati a Ischia: insulti omofobi sui social
di Massimo Zivelli
Mercoledì 9 Dicembre 2020, 12:00
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Persecuzioni a mezzo social mediante pubblicazione di foto e frasi irriverenti, agguati in piena regola in strada e in pineta, aggressioni fisiche e finanche il fondato sospetto della incitazione al suicidio delle vittime. Protagonisti di questo vortice di episodi assai poco edificanti, quattro minorenni di Ischia, tutti indagati dalla Procura e per i quali si chiederà probabilmente di procedere penalmente innanzi al Tribunale dei Minori. Le vittime sono a loro volta tutti minorenni che il gruppetto di stalker organizzati in maniera quasi militare aveva iniziato a prendere di mira già l'estate scorsa. 

Risalgono alla fine di agosto scorso le prime segnalazioni e denunce presentate dai genitori di una delle giovanissime vittime, in particolare un ragazzino molestato a più riprese dai bulli attraverso una serie di atteggiamenti palesemente omofobi.

I genitori di lui - stando a quanto in possesso degli investigatori - in un primo momento avrebbero cercato di far rientrare in maniera pacifica la cosa, invitando i quattro minorenni a lasciare in pace il figlio. Dinanzi al protrarsi anche violento degli episodi di stalkeraggio, il padre e la madre del ragazzino dapprima hanno solo minacciato la denuncia, salvo poi essere costretti a farlo.

Nomi, circostanze e prove dei misfatti commessi, sono stati dunque messi nelle mani dei magistrati e a due mesi dalla denuncia, le indagini sono al punto di concludersi con quella che assai probabilmente sarà una richiesta di rinvio a giudizio. Al vaglio della Procura, le modalità seguite dal gruppetto di molestatori, che hanno agito su più versanti per creare il maggior disagio possibile alle loro vittime e - come si è saputo - ad una in particolare. 

I quattro hanno creato una serie di account nei gruppi sui social network, riportanti intestazioni particolari, come quello rintracciato su Instagram e che è stato denominato «Burro ghei 2»; dove fra foto rubate di nascosto in strada alle vittime, improperi e ingiurie, compare fra gli altri il commento a un post dal titolo «Omofobi picchiano un gruppo di ragazzi: avevano difeso l'amico gay», con frasi del tipo «morte ai gay». La vittima principale ed altri ragazzini incappati nella tenaglia degli haters loro coetanei, sono stati fatti oggetto dunque a più riprese di attacchi gratuiti ed al tempo stesso offensivi sui social e di veri e propri agguati in pubblico, con la vittima pesantemente ingiuriata per strada o al parco, anche in presenza di altre persone. E non si sarebbero limitati a queste azioni - di per sè già abbastanza gravi - visto che, come emergerebbe da successivi riscontri, i quattro indagati si sarebbero spinti a pubblicare messaggi minacciosi tramite Instagram, usando espressioni del tipo «mettiti una corda al collo e dopo facci bungee jumping», «frocio», «Tarzan». Un mix di frasi ed atti persecutori, tali da cagionare alla persona offesa uno stato d'ansia e angoscia per la paura di essere deriso dai propri compagni, comparendo il tutto in rete. Compreso l'invito a «mettersi una corda al collo», frase questa sulla quale la Procura potrebbe essere indotta ad assommare fra i capi di imputazione, anche quello di «istigazione al suicidio».

Sicuramente il danno esistenziale e psicologico causato dal branco alla giovanissima vittima è un dato oramai ampiamente acquisito, laddove testimonianze e perizie riportano all'attenzione dei magistrati il gravissimo e forse irreparabile disagio patito. Fra i fatti riportati, anche quello risalente sempre alla fine dell'agosto scorso, allorquando al culmine dell'esasperazione il ragazzino si era allontanato dalla propria abitazione senza che i genitori ne fossero a conoscenza e mettendoli in comprensibile ansia, fino al suo ritrovamento avvenuto a distanza di ore. A quanto pare, sarebbe stato proprio questo l'episodio che ha indotto i genitori a rompere ogni indugio e a passare alle vie di fatto giudiziarie. Da giorni sulle tracce dei molestatori, i genitori hanno ricostruito il quadro dello stalking e poi sono stati in grado anche di risalire ai componenti del gruppo ed individuare fra loro quello che veniva considerato il capo.

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