Pesce, pasta e dolci; la stangata di Natale a Napoli: «Aumenti del 12%»

Prezzi più alti del resto del Paese ma la vera impennata scatterà a dicembre

Pesce, pasta e dolci; la stangata di Natale a Napoli: «Aumenti del 12%»
di Valerio Iuliano
Martedì 15 Novembre 2022, 00:14 - Ultimo agg. 16 Novembre, 10:39
5 Minuti di Lettura

Napoli capitale dell’inflazione, relativamente ai prodotti alimentari. La corsa dei prezzi non si ferma e i consumi calano. Il carrello della spesa pesa sui bilanci delle famiglie più che nel resto d’Italia, in particolare per l’incidenza dei beni di prima necessità. Dai dati Istat relativi al mese di settembre, si ricava un tasso di incremento annuo degli alimentari del 12,3 per cento a Napoli, a fronte dell’11,6 per cento della media nazionale. Il dato sui prezzi del cibo è, peraltro, in controtendenza con quello sull’inflazione generale, che a Napoli era leggermente inferiore a settembre a quello nazionale. Il costo degli alimentari a Napoli fa registrare un progressivo incremento, sebbene leggermente più contenuto rispetto a qualche mese fa.

Ma la previsione degli addetti ai lavori è che i prezzi subiranno la consueta impennata nelle settimane che precedono le festività natalizie. Le famiglie sono costrette fatalmente a limitare i consumi. Gli acquisti di cibo risultano più mirati rispetto agli anni scorsi e gli operatori segnalano volumi più contenuti per effetto della congiuntura internazionale. La tendenza dei prezzi del cibo, in questo momento, è quella di un rialzo meno sostenuto rispetto a settembre, che tuttavia precede i consistenti rincari del mese prossimo.

Da una lettura più approfondita, relativa ad un arco di tempo più ampio, si ricava comunque un quadro completamente trasformato rispetto al 2021. Lo shock energetico, successivo all’impennata del costo delle materie prime, ha determinato conseguenze straordinarie sul costo degli alimentari. 

«Rispetto alla fine dell’estate, gli aumenti - segnala Massimo Di Porzio, leader della Fipe, la federazione dei pubblici esercizi aderente alla Confcommercio - si attestano mediamente intorno al 5 per cento. In generale, la spesa media è diminuita in quantità ma il costo per i consumatori è più alto a causa dei rincari. Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre si verificheranno i soliti rincari. I farinacei e l’ortofrutta sono quelli che hanno avuto incrementi più elevati negli ultimi mesi. Il pane si è stabilizzato, intanto, e non credo ci siano grandi oscillazioni dei prezzi. La pasta di Gragnano sta arrivando a 4 euro il kg. I frutti di mare sono, per ora, abbastanza stabili, ma a Natale ci sarà il consueto aumento dovuto alla maggiore domanda. Attualmente, un kg di vongole veraci costa tra i 30 e i 40 euro, a seconda che siano vendute all’ingrosso o al dettaglio. Pochi giorni fa, ho pagato per la prima volta un caffè al bar 1,40 euro». 

Già dallo scorso anno, l’olio e il burro risultano in vetta alla graduatoria dei rincari. «L’olio di arachidi - continua Di Porzio - è arrivato a 3,50 euro il kg. Il burro è schizzato addirittura a 10 euro il kg. È per questo motivo che i dolci costano tantissimo». Una tendenza confermata dai panificatori, che annunciano per Natale rincari da record per i dolci da forno. «Un panettone artigianale - sottolinea Paolo Vaccaro, dell’“Abbondanza del pane”- arriverà a 25-30 euro. Per altri dolci natalizi, si verificherà un’impennata dei prezzi. Mi riferisco, ad esempio, alla pastiera che schizzerà a 20 euro o agli struffoli a 12. Sul costo dei dolci bisogna considerare l’incremento del prezzo di prodotti come lo zucchero, il miele, le mandorle. Il pane tradizionale, nel frattempo, si è stabilizzato a 2,50 euro il kg». Per il pane è necessario considerare, comunque, il sensibile aumento rispetto a un anno fa, quando era fermo a 1,80 euro il kg. Mentre Gaetano Torrente, responsabile commerciale di “La Torrente srl”, azienda di trasformazione del pomodoro, segnala «una sostanziale stabilità in questo momento. Preoccupa il crollo dei consumi in conseguenza del calo del potere d’acquisto. Diminuiscono sensibilmente i volumi delle vendite. È necessario intervenire con il taglio del cuneo fiscale».  

Video

Il calo dei consumi è un fenomeno destinato a protrarsi a lungo. L’inflazione sta erodendo progressivamente i risparmi dei consumatori. A pagare il conto più salato sono le famiglie residenti nelle grandi città, dove il caro vita si fa sentire maggiormente. L’impatto dell’«erosione» è stato valutato dalla Cgia di Mestre per Napoli in 3,33 miliardi di euro complessivi. 

«Dalle materie prime alimentari, nella prima parte del 2022 - segnala l’ufficio studi Confindustria - è venuta una forte spinta all’aumento dell’inflazione, conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha spinto al rialzo in particolare i prezzi di grano e mais. Si sono verificati rapidi cambiamenti nelle abitudini di spesa delle famiglie, a fronte del brusco balzo dei prezzi. La crescita dei prezzi al consumo degli alimentari dovrebbe abbassarsi il prossimo anno. Ma i consumi saranno inferiori nel 2023 a quelli del 2019». Prevedibilmente molto più brusco il calo dei consumi che si registrerà a Napoli, in conseguenza del maggiore tasso di povertà. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA