Napoli, arrestati i finanziatori della jihad: «Scoperta la centrale dei finti documenti»

Napoli, arrestati i finanziatori della jihad: «Scoperta la centrale dei finti documenti»
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 14 Ottobre 2021, 12:00 - Ultimo agg. 15 Ottobre, 12:17
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Lo spettro del terrorismo internazionale di matrice islamica torna a incombere su Napoli. Un'indagine della Guardia di Finanza coordinata dalla sezione antiterrorismo della Procura lancia ombre lunghe e sinistre su un gruppo di sette pakistani e sulle loro attività di fiancheggiamento alla Jihad.

Gli extracomunitari sono finiti in cella con le accuse di ricettazione e contraffazione di documenti d'identità, ma la linea d'orizzonte disegnata dagli inquirenti va ben oltre e prefigura che questi reati sarebbero stati commessi per finanziare il terrorismo internazionale. Non a caso l'inchiesta corre lungo un filone che unisce Napoli a Bruxelles e ad altre città europee nelle quali resta forte la presenza di cellule dell'integralismo islamico.

La base criminale era nel cuore del Borgo Sant'Antonio Abate. Tutti pakistani e residenti da tempo nel capoluogo campano gli arrestati. Tra loro spicca la figura del 42enne Iqbal Naveed, che come base operativa aveva scelto un phone center di via Carbonara e che risulta già noto alla magistratura per essere stato uno dei protagonisti di un traffico di immigrazione clandestina. Accanto a lui i presunti complici, tra i quali spiccano i nomi di Arshad Khan e Faisal Javed, soggetti che nella sua ordinanza il giudice per le indagini preliminari Federica Colucci non esita a definire soggetti dalla personalità trasgressiva ed estremamente pericolosi.

Una delicata indagine condotta dai militari delle fiamme gialle del Gico diretto dal tenente colonnello Danilo Toma ha evidenziato come si muoveva il gruppo per finanziare i presunti canali terroristici in Belgio, Olanda e Germania. «L'ipotesi che si possa trattare di finanziamento al terrorismo - spiega il comandante provinciale della Finanza di Napoli, generale Gabriele Failla - è attualmente al centro di una richiesta di cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia.

Siamo convinti che ci saranno sviluppi».

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Le indagini sono partite da alcune segnalazioni di operazioni sospette segnalate dalla Banca d'Italia: le fiamme gialle hanno individuato e analizzato i conti intestati a extracomunitari provenienti da Pakistan, Afghanistan, India, Bangladesh, Cina e Kyrgyzstan sui quali confluiva denaro proveniente da ricariche di 345 carte di credito estere (statunitensi e canadesi) intestate a ignari correntisti. Quel denaro, poi, via bonifico, finiva su conti correnti in Germania, Paesi Bassi e Belgio intestati a beneficiari, tutti di origine araba. Per l'apertura dei conti nei vari Paesi europei, è emerso, è stata utilizzata una trentina di documenti d'identità falsi con le foto dei soggetti pakistani e i dati anagrafici di altri soggetti. Gli indagati per dribblare i rigori della normativa bancaria all'accensione di conti correnti preferivano l'apertura dei cosiddetti conti di pagamento, strumento ancora di fatto poco conosciuto sul mercato italiano. 

Sfruttando il denaro frutto di frodi sulle carte di credito attraverso sistemi fishing per accumulare soldi che da oltreoceano confluivano poi sui conti italiani, l'organizzazione riusciva a trasferirli verso conti correnti di altri paesi europei, a cominciare dal Belgio, «Paese - commenta il gip - che è lo Stato dell'Unione Europea con il più alto numero di combattenti stranieri che parte per il Medio Oriente con documenti falsi». Un sospetto inquietantissimo. Le ricariche partite da Napoli e dirette a soggetti arabi in giro per l'Europa ammontano ad 248mila euro. Durante le perquisizioni è emerso che alcuni tra gli arrestati disponevano di moltissime carte d'identità: Iqbal Naveed, che pare essere il promotore del sodalizio criminale, ne aveva addirittura nove (alcune delle quali elettroniche) recanti le sue fotografie ma intestate ad alias diversi, tutte peraltro valide per l'espatrio false: gli servivano per attivare altri rapporti finanziari. Le carte d'identità provengono dai Comuni d'Italia più disparati, molti campani (San Giuseppe Vesuviano, Giugliano in Campania, Terzigno) e molti altri anche da Novara, Ferrara e Ancona. 

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Ovviamente l'indagine prosegue e ora si ramifica anche in altre nazioni europee. Occorre verificare chi ci sia dietro i beneficiari di tutti questi versamenti. I finanzieri stanno ora esaminando anche materiale sequestrato durante le perquisizioni: a cominciare da alcuni tablet, smartphone e notebooks trovati in possesso degli indagati. Il sospetto da verificare è che nei files e nel materiale informatico contenuto in quegli accessori possa nascondersi anche il libro mastro dei contatti e di eventuali complici presenti in altre città italiane ed europee. Per tutti gli indagati, scrive sempre il gip, sussistono le esigenze cautelari in carcere considerata la personalità degli stessi, refrattaria e indifferente alle leggi e ai precetti penali. Per tutti, poi, esiste un reale pericolo di fuga, considerata la rete di soggetti con i quali erano in contatto, in Italia e non solo.

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