La sfida dell'imprenditore a San Giorgio a Cremano: «Non trovo i tecnici, adotterò una classe»

La sfida dell'imprenditore a San Giorgio a Cremano: «Non trovo i tecnici, adotterò una classe»
di Antonio Menna
Sabato 16 Febbraio 2019, 07:30 - Ultimo agg. 14:09
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«Voglio ingrandire la mia azienda e non trovo tecnici specializzati, quindi ho deciso di formarli io direttamente aprendo una piccola Academy in una scuola». Lo dice con una semplicità disarmante, Simone Perfetti, 40 anni, romano di Palestrina, migrante all'incontrario, residente a San Giorgio a Cremano dal 2005. Si è inventato dieci anni fa un laboratorio specializzato nella riparazione e rigenerazione di smartphone, tablet e circuiti degli elettrodomestici. Lo ha aperto fronte strada, a San Giorgio, in via Botteghelle, a pochi passi dalla linea di confine con Napoli. Un negozio con tanto di vetrina, e poi un piccolo laboratorio nel retrobottega. Per lui, un micro ufficio, niente di pomposo. Si sente il lavoro manuale, in quella stanza. L'essenzialità del gesto operaio. «Concretezza» dice Perfetti, che di parole ne pronuncia poche e sembra studiarle molte, seduto su una poltrona nel retro del suo primo laboratorio. Poi ne ha aperto un altro a Portici e uno a Napoli, in via Pessina. «Ma voglio aprirne ancora dice sgranando gli occhi neri - almeno uno a Chiaia, nel salotto di Napoli, e uno a Ponticelli. C'è mercato, c'è spazio. Gli affari vanno bene. Con la crisi c'è stata una tendenza marcata a riparare invece che a gettare e laddove è possibile, noi, con poca spesa e garanzie, riportiamo gli oggetti a uno stato funzionante in tempo rapido. La gente lo trova conveniente e il fatturato va. Posso aprire da tempo nuovi spazi e voglio farlo. Quello che manca è chi voglia venirci a lavorare».
 
Detta così sembra stranissima. Nella città col tasso di disoccupazione al 24% (67% quella giovanile), nel luogo da cui i ragazzi scappano verso Nord o verso l'estero per realizzarsi, non trovare lavoratori sembra una barzelletta. Ma Perfetti abbozza un sorriso ironico e conferma. «Non li trovo dice e, quando ne trovo, qualcuno difficilmente risulta idoneo. Il punto è che la nostra è un'attività di alta specializzazione. Bisogna conoscere ma anche avere un talento naturale, una intelligenza pronta. La tecnologia avanza con una velocità impressionante, bisogna sapersi aggiornare e, soprattutto, avere una prontezza creativa che è davvero una qualità innata. Poi, devo purtroppo dirlo, manca la cultura del lavoro, soprattutto tra i più giovani». Qui, Perfetti perde un attimo la calma e cerca bene le parole. «Sono arrivato a Napoli, da Roma, con in testa mille pregiudizi. Ce li avevo tutti in mente, i luoghi comuni sul Sud: la criminalità, i rischi. A momenti venivo con un giubbotto antiproiettile sotto la camicia. Invece, la realtà di Napoli me li ha smontati tutti. Non ho trovato nulla di quello che temevo. Tranne, purtroppo, una scarsa cultura del lavoro e del sacrificio. Vengono da me a presentarsi per lavorare e la prima cosa che chiedono è quanto guadagneranno e quanto durerà la giornata di lavoro. Prim'ancora di dimostrare le loro competenze, chiedono i loro diritti. Bisognerebbe insegnargli a rovesciare l'approccio: prima mi dimostri che ci sai fare e poi parliamo del resto. Purtroppo, resistono in pochi».

Pochi ma buoni, aggiunge l'imprenditore romano adottato da San Giorgio. Nelle sue attività lavorano otto persone, al momento. Tutti tecnici specializzati. «Io in verità confessa Perfetti di informatica e di riparazioni non capisco nulla. Ma so condurre un'azienda. E posso crescere ancora. Ci vuole un po' di coraggio, quello che abbiamo avuto a 25 anni io e mia moglie. Entrambi lavoravamo a Roma ma ci siamo licenziati, ci siamo sposati e siamo venuti a vivere qui. Ho fatto esperienza, da dipendente, in un'altra grande azienda informatica e poi l'idea di mettermi in proprio. Ho assunto qualche mio vecchio collega e la cosa è decollata. Il segreto? Sacrificio, impegno, coraggio e umiltà. Io passo tutto il giorno al lavoro e non mi tiro mai indietro». E al capitolo umiltà, Perfetti inserisce anche la convinzione che non si cresce da soli. «Siamo una squadra dice ma fatico a trovare nuovi calciatori, non mi posso ingrandire. Così è venuta l'idea dell'Academy. Se non ci sono tecnici specializzati, e non c'è cultura del sacrificio, dell'organizzazione e del lavoro, mi sono detto, proviamo a insegnarla. È venuto naturale rivolgersi a un Istituto tecnico del territorio e lì organizzare una classe. Mettiamo a disposizione il nostro tempo, le nostre competenze, le nostre conoscenze e facciamo formazione. Poi gli allievi avranno un titolo e potranno fare le loro scelte. Non li assumerò con certezza, non è il mio vivaio, questo voglio chiarirlo. Li valuterò e se saranno idonei, sarò io stesso a volerli con me. Ma garanzie, no. Le garanzie dovranno chiederle a loro stessi. In fondo è così che si smontano i luoghi comuni: impegnandosi. Lo spazio c'è, fare impresa a Napoli si può. Io non ho trovato grandi difficoltà dal punto di vista ambientale. Non costruiamoci alibi. Si può fare ma bisogna volerlo. Noi l'opportunità la creiamo, poi chi vuole fare fa, chi non vuole fare continui a lamentarsi».
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