Strage del Rapido 904, pentito confessa: «Fui io a portare l'esplosivo, avevo 10 anni»

Strage del Rapido 904, pentito confessa: «Fui io a portare l'esplosivo, avevo 10 anni»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 19 Agosto 2021, 22:58 - Ultimo agg. 21 Agosto, 09:35
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Di quella notte ricorda ogni particolare. Anche quelli inutili, quelli che servono magari a colorare un racconto o solo a dimostrare la vivacità di una testimonianza. E li mette in fila, i particolari di quella notte, addirittura 29 anni dopo i fatti, firmando un verbale che ancora oggi si fa fatica a inquadrare: un racconto sulla strage del rapido 904, la strage di Natale del dicembre del 1984, fatto 29 anni dopo, da uno dei sedicenti protagonista che - udite udite - si assume la responsabilità di aver guidato l’auto con cui venne trasferito l’esplosivo che provocò un dramma nazionale. 


Ma andiamo con ordine, a rileggere le pagine di un verbale firmato dal pentito di camorra Maurizio Ferraiuolo, che - spiega ai pm di Napoli - all’epoca aveva 10 anni e sarebbe stato usato per un lavoro sporco e di precisione: «Ho guidato la Bianchina nella quale c’era l’esplosivo usato per la strage del rapido 904». Inevitabile a questo punto fare un paio di premesse: l’inchiesta sulla strage di Natale si è conclusa in modo definitivo negli anni Novanta con l’assoluzione di tutti i soggetti napoletani coinvolti, a partire dagli uomini politici e da presunti esponenti del crimine cittadino che vennero coinvolti dalle indagini dell’allora pm di Firenze Pier Luigi Vigna. Altra questione è l’attualità del verbale del pentito che svela un particolare inedito di questa storia, a proposito della sua presunta partecipazione a uno dei momenti più torbidi della storia italiana: è il 12 luglio del 2013, nel carcere di Prato, quando Maurizio Ferraiolo racconta alla Dda di Napoli i particolari di una notte del dicembre del 1984. Un verbale infarcito di riferimenti al presunto ruolo dei servizi segreti (anche in tempi recenti) nell’accudire e veicolare le mosse dei clan cittadini, sbucato in uno dei processi a carico di colletti bianchi in odore di camorra. Politica, sanità, commesse milionarie negli ospedali napoletani, camorra: migliaia di pagine agli atti, tra cui spuntano le pagine di Maurizio Ferraiuolo che si accusa di aver preso parte a una storia destinata agli archivi, dopo la condanna di Pippo Calò (boss mafioso) e l’assoluzione degli indagati napoletani. Ma proviamo a rileggere un verbale per molti versi inedito del pentito Maurizio Ferraiuolo: «Ricordo perfettamente che una sera del dicembre 1984, mio zio Mario Ferraiuolo prelevò una valigia - che conteneva l’esplosivo poi messo sul treno - che teneva custodita all’interno di una vecchia bianchina 600 Van bianca, tipo familiare, e cioé con i finestrini chiusi dietro».

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Doveroso un chiarimento: Maurizio Ferraiuolo tira in ballo lo zio Mario, ex pentito che raccontò alcune rivelazioni sulla strage del 904, venendo sistematicamente smentito dai diretti interessati, che tornò a Napoli dopo una breve parentesi sotto protezione, per poi essere ucciso il 15 maggio del 2001 in piazza Calenda. Torniamo al racconto di Maurizio Ferraiuolo e alla bianchina: «All’interno di questa auto - parcheggiata in via Ottavio Tupputi - all’altezza del civico 20, dove c’era il basso di mia nonna Antonietta Mirenghi - c’erano appunto due valigie, una conteneva l’esplosivo, l’altra le armi; mio zio Mario Ferraiuolo, quella sera del 1984, nascose la valigia con le armi in un buco accanto al basso di mia nonna, dove mio nonno conservava le canne da pesca; io che avevo poco più di 10 anni, guidavo la Bianchina dove c’era nascosta la valigia con l’esplosivo e fui io a portarla fino al bar Mexico, scortato da altre due auto, due A112 targate entrambe NaL3 (lo ricordo perché erano auto prese in leasing con cambiali che poi non venivano onorate)...». Particolari insignificanti nella memoria di un ragazzino che avrebbe - a sua insaputa - partecipato alla strage che provocò 16 morti, tanti feriti e una trama ancora avvolta da mistero. Seguono nomi di persone uccise o completamente scagionate dalle inchieste. Poi, Maurizio Ferraiuolo va avanti: «Ci fermammo davanti al bar Mexico, ci arrivammo percorrendo vico Ottavio Tupputi, via Postica Maddalena, via Carriera Grande e arrivammo alla stazione centrale. Rimasi nella Bianchina, mio zio Mario prelevò la borsa e assieme a (omissis) si avviò all’interno della stazione centrale, dopo poco tornarono indietro senza valigia». 

Ma in quale periodo Maurizio Ferraiolo collegò quella notte alla strage di Natale? «Non vedevo il telegionale, né tanto meno leggevo i giornali, dunque non collegai nell’immediatezza quell’episodio alla strage del rapido 904. Solo nel 1990, mio zio Mario che si era pentito e poi aveva ritrattato (dicendo di aver firmato carte senza conoscerne il contenuto, ndr), mi disse che all’interno della valigia, custodita nell’auto che io portai alla stazione, c’era l’esplosivo che aveva fatto saltare il treno». Parole di un pentito, finite agli atti di un paio di processi napoletani, destinate a rimanere prive di riscontri concreti, al netto di un processo definitivo che si è chiuso anni fa e degli strani omicidi che, nel corso del tempo, hanno eliminato tutti gli altri protagonisti di questa storiaccia cittadina.
 

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