Strage di Secondigliano, i periti: «L'infermiere Murolo sparò per vendetta e rabbia»

Strage di Secondigliano, i periti: «L'infermiere Murolo sparò per vendetta e rabbia»
Mercoledì 28 Ottobre 2015, 08:28 - Ultimo agg. 09:15
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Quando impugnò la pistola per uccidere fratello e cognata era al culmine di una rabbia incontenibile: la sua mente ribolliva come il liquido contenuta in una pentola messa al fuoco da ore. E quando subito dopo imbracciò il fucile di precisione con il quale, dal balcone della casetta al primo piano di Secondigliano, diede seguito al bagno di sangue trasformandolo in una strage, Giulio Murolo completò il suo lavoro sopraffatto da motivazioni di rabbia e vendetta.



Il lavoro dei consulenti nominati dal giudice per le indagini preliminari Maria Vittoria Foschini è concluso: nella perizia depositata ieri davanti al gip Livia De Gennaro il collegio di ciminologi, psichiatri medici legali coordinati dal professor Antonello Crisci, docente di medicina Legale all'Università di Salerno, concludono dichiarando Murolo perfettamente capace di intendere e volere. Giulio Murolo è dunque capace di intendere e di volere, e pertanto anche di sedere sul banco degli imputati nel processo che lo attende in Corte di Assise.



La strage perpetrata il 16 maggio dal balcone di casa lo pone nel novero dei «Mass murdere», gli assassini di massa che entrano nella qualificazione criminologica nel momento in cui ammazzano più di quattro persone. Murolo ne uccise cinque, ferendone altrettante. Due sono state le perizie mediche alle quali l'indagato è stato sottoposto: una prima il 18 luglio e la seconda il 29 agosto, a Poggioreale, dov'è detenuto. In casa l'infermiere che non aveva mai dato segni di squilibrio aveva un arsenale in piena regola: pistole, armi bianche, fucili di precisione e persino un kalashnikov. «Murolo - si legge nella perizia consegnata ieri dal collegio di esperti al gip - agì seguendo un impulso dettato da motivazioni di rabbia e vendetta.



Non si ritiene sussista pertanto l'infermità di mente e, di conseguenza, alcuna copromissione patologica delle sue azioni». Per i medici l'uomo soffre di «disturbi ansioso-depressivi con tratti ossessivi». Nessuna paranoia, insomma, e tantomeno disturbi conclamati della psiche. E che fosse lucido lo dimostra anche un altro episodio accertato dalle indagini: dati i dissaporti che lo opponevano al fratello e alla cognata per questioni legate ad uno sfratto imminente, una settimana prima di compiere la strage Murolo si era anche recato in Questura per chiedere di trasferire le armi che teneva in casa al piano terra dello stabile, dove abitava l'anziana madre.



Dalla perizia - 100 pagine alle quali se ne aggiungono altre 100 di allegati - emerge anche un altro importante particolare. Dopo aver iniziato a sparare e a uccidere chiunque gli capitasse a tiro l'uomo nminacciò di uccidersi: lo fece parlando con un operatore del 113 della Questura. Ebbene, di questo ne sono convinti i perìti, proprio quelle telefonate e l'abilità del poliziotto che lo teneva alla cornetta riuscirono a evitare che si suicidasse.



giu. cri.