Migliaia di fedeli alla Supplica blindata, e dall'Ungheria l'annuncio di un nuovo miracolato dal Beato Longo: «Io, guarito dal tumore»

Supplica Piazza Bartolo Longo
Supplica Piazza Bartolo Longo
di Susy Malafronte
Domenica 8 Maggio 2016, 14:58 - Ultimo agg. 17:08
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Pompei. Napoli come Aleppo: «nella nostra terra il sangue è lasciato dalla violenza». Il cardinale Gianfranco Ravasi, nel giorno dell’ora del mondo, parla dell’inaudita scia di sangue versata in Siria ma anche in Campania. «Ci sono genitori che vivono nel terrore per i figli che hanno imboccato delle strade di perdizione, travolti dalla droga, dalla violenza, dalla disperazione o anche dall’impossibilità di trovare lavoro». Tutti alibi della guerra di camorra in atto tra Napoli e il suo hinterland.

Ad ascoltare l'omelia del cardinale Ravasi e la sua Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei c'erano oltre 50mila fedeli. É stata, comunque, una Supplica blindata, quella che si è svolta oggi a Pompei, con gli elicotteri della polizia, i cani anti-esplosivo e un centinaio di tutori dell'ordine in borghese e in divisa. In prima fila, tra le tante autorità presenti c'era anche il presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, con la moglie.

E neanche oggi Papa Francesco ha fatto mancare il suo affetto ai pellegrini giunti a Pompei da ogni parte di Italia, e del mondo, per pregare ai piedi della Vergine Santissima del Rosario. Il Pontefice, infatti, nel corso del “Regina Coeli” da Piazza San Pietro, ha salutato i fedeli riuniti in Piazza Bartolo Longo.

Il filo conduttore dell’omelia del Cardinale Gianfranco Ravasi, che, come si è detto ha celebrato la Santa Messa e recitato la Supplica, è stata la speranza con la quale i fedeli si affidano alla Mamma di Gesù. La stessa speranza che nutrono i fedeli pompeiani nel vedere il beato Bartolo Longo diventare santo. Una speranza che, sembra, stia per diventare realtà. Monsignor Pietro Caggiano, vice postulatore nella causa di canonizzazione del fondatore di Pompei e del Santuario dedicato alla “Regina” del Rosario, ha, infatti, annunciato in anteprima “un nuovo miracolo avvenuto per intercessione di Bartolo Longo”.

La testimonianza arriva dall’Ungheria: un devoto del beato ha inviato una lettera all’arcivescovo Tommaso Caputo raccontando di essere guarito da un tumore maligno al pancreas. La lettera, la cui autenticità è stata comprovata, è corredata dalle relazioni dei medici che hanno avuto in cura il fedele e, secondo i quali, si è trattato di “miracolo”. Tutta la documentazione è stata inviata in Vaticano per essere vagliata. Questa nuova testimonianza potrebbe accelerare la causa di canonizzazione del beato Bartolo Longo. Il cardinale Ravasi, nell’omelia della celebrazione eucaristica che ha preceduto la Supplica, si è soffermato proprio sulla parola “sguardo”, utilizzando l’immagine degli occhi.

«Sono uno degli strumenti fondamentali per la nostra comunicazione oltre e dopo la parola. Sono più importanti per certi versi. Due innamorati autentici, quando hanno esaurito la scorta delle loro parole, magari ripetute, se sono innamorati davvero, si guardano negli occhi e tacciono. E quel linguaggio muto, silenzioso, è molto più intenso di quelle parole che prima si pronunciavano». Continuando a servirsi dell’immagine degli occhi rivela i sensi della parola “sguardo”, che può anche essere rivolto verso il basso, sulla strada, sulle pietre, sulla “polvere della terra”. «Diceva un poeta: guardate le pietre che sono sulla terra. Esse portano ancora le orme insanguinate del Cristo che sta passando per le nostre strade». Il pensiero del celebrante è ad esempio alle strade insanguinate della Siria, della città di Aleppo in particolare, che spiega di conoscere bene. «Ma tante volte, anche nella nostra terra il sangue è lasciato dalla violenza», ha detto ancora.

«Lo sguardo verso il basso significa: ritornate ancora a guardare. Pensiamo in quante case, anche in questo momento, c’è per esempio la solitudine assoluta, il silenzio, il non avere più una persona che si ricordi di te, che ti dia uno squillo di telefono, che ti faccia una carezza. E c’è la separazione, la divisione, la lacerazione. O ci sono genitori che vivono nel terrore per i figli che hanno imboccato delle strade di perdizione, travolti dalla droga, dalla violenza, dalla disperazione o anche dall’impossibilità di trovare lavoro. Ecco perché l’invito del cristianesimo è un invito alla carne. Il Verbo si è fatto carne. È un invito ad entrare nella storia. C’è questa parola che viene ripetuta continuamente: siate testimoni della vostra speranza, della vostra fede. Vorrei ricordare in questo momento una frase di un giudice che è stato ucciso dalla mafia, Rosario Livatino, di cui è in corso la causa di beatificazione: “Non basta essere credenti, bisogna essere anche credibili”».