Tamponi privati, tutti contro la prescrizione: «Il paziente paga, la ricetta non serve»

Tamponi privati, tutti contro la prescrizione: «Il paziente paga, la ricetta non serve»
di Maria Chiara Aulisio
Mercoledì 18 Novembre 2020, 10:00 - Ultimo agg. 10:01
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Una fesseria burocratica, un meccanismo farraginoso, un provvedimento privo di senso che è riuscito da un lato a creare (ulteriori) disagi ai cittadini che vogliono fare il tampone, dall'altro a sovraccaricare i medici di famiglia già oberati di lavoro dall'inizio della pandemia. Da qui le reazioni durissime degli utenti, dei titolari dei laboratori di analisi e ovviamente dei medici di famiglia. Ma andiamo con ordine. 

Risale a qualche giorno fa la circolare - firmata dall'Unità di crisi e inviata ai manager di Asl e ospedali - che prevede l'obbligo della prescrizione per i test molecolari eseguiti nei laboratori privati. Vale a dire che anche per poter effettuare il tampone - benché senza oneri a carico del Servizio sanitario regionale - diventa necessaria la prescrizione medica su ricetta bianca. Un provvedimento che, ammesso sia possibile, ha aumentato la confusione, allungato tempi già lunghi e complicato la vita a tutti. Cominciamo dal paziente che ha deciso di sottoporsi al tampone perché è già positivo e aspetta di negativizzarsi, o che magari teme di esserlo e, dunque, responsabilmente vuole saperlo: «Qualunque sia la ragione - commenta Gennaro Lamberti, presidente di Federlab Italia - non sarebbe neanche tenuto a dare troppe spiegazioni visto che l'esame lo paga lui». Una prestazione a totale carico del cittadino, dunque, che nessuno avrebbe il diritto di negargli, neanche lo stesso medico di famiglia chiamato a decidere se rilasciare la prescrizione o meno: «Chi potrebbe mai dire no, il tampone non lo fai. Quale medico si assumerebbe una responsabilità del genere? - continua Lamberti - Se un cittadino lo chiede e - ripeto - paga pure di tasca sua, evidentemente ritiene che ci sia un valido motivo. Come si fa a metterlo in discussione? Qualcuno me lo spieghi». Effettivamente diventa complicato negare la prescrizione: «Secondo me impossibile - conclude il presidente dell'associazione di categoria dei laboratori di analisi - quella circolare non si spiega se non come una forma di scoraggiamento nei confronti di chi chiede un tampone». Se Federlab boccia il provvedimento della Regione, lo stesso fa anche il Sumai, il sindacato Medicina ambulatoriale della provincia di Napoli: «Inutile dire che si tratta di una decisione che abbiamo già contestato più volte - aggiunge Saverio Annunziata, rappresentante nazionale e medico di famiglia - tra l'altro presa solo qui in Campania.

Mi sarei preoccupato di migliorare i canali di comunicazione invece di creare ulteriori difficoltà a tutti». Annunziata fa riferimento ai risultati dei tamponi che vengono caricati dai singoli laboratori su un portale regionale al quale però le Asl non hanno accesso: «Alla comunicazione dell'esito - spiega meglio Annunziata - sarà la Regione a inviare i risultati alle Unità operative di prevenzione collettiva dei vari distretti della Napoli 1. Ovviamente dopo almeno cinque o sei giorni dal ricevimento». Un ritardo che di conseguenza fa slittare la cosiddetta sorveglianza sanitaria del paziente positivo e la conseguente programmazione del tampone successivo. 

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Ma il vero problema è addirittura un altro. «Quando il paziente termina l'isolamento dopo essere tornato negativo - conclude Annunziata - è obbligato a rimanere a casa fino a quando l'Unità operativa non rilascia la liberatoria via pec al medico di famiglia. In altre parole: se il suo nome non viene cancellato da quel portale - e i tempi possono essere lunghissimi - il paziente guarito che esce potrebbe avere ugualmente seri guai giudiziari. Una inutile complicazione che si risolverebbe consentendo al medico di famiglia di accedere al Sic, il portale Asl, e dichiarare il terminato isolamento». Infine, Vincenzo D'Anna, presidente dell'Ordine dei biologi ed ex presidente Federlab: «Per quanto mi riguarda la vera vergogna è un'altra - dice - la Regione Campania come ogni anno ha esaurito i tetti di spesa per analisi, radiografie, visite. E non garantisce una compartecipazione nemmeno agli indigenti. Mi preoccuperei soprattutto di questo».

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