Terra dei fuochi, nuovi fondi
e più aree per le bonifiche

Terra dei fuochi, nuovi fondi e più aree per le bonifiche
di Daniela De Crescenzo
Venerdì 8 Giugno 2018, 09:08 - Ultimo agg. 13:47
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Terra dei Fuochi e Ilva di Taranto, le priorità. Il neoministro Sergio Costa annuncia un nuovo provvedimento legislativo finalizzato, in particolare, a mettere in sicurezza i Comuni campani ad alto rischio inquinamento e tra i tanti comitati nati in questi anni si riaccende la speranza. Dovrebbe trattarsi di un decreto, al momento allo studio e dovrebbe essere pronto tra i dieci e i trenta giorni. Salvo imprevisti. Quello che sembra certo è che arriveranno nuovi fondi e che il governo non si occuperà solo dei suoli agricoli, come è stato fatto dalla legge del 6 febbraio 2014. Gli interventi non riguarderanno solo la Campania, ma anche altri siti fortemente inquinati. Ma quel territorio, compreso tra la provincia di Napoli e l’area sud-occidentale della provincia di Caserta e interessato dal fenomeno delle discariche abusive e dell’abbandono incontrollato di rifiuti urbani e speciali, sarà certamente centrale negli interessi di Costa, che per anni ha setacciato quei siti da generale della Guardia Forestale prima, e della sezione ambientale dei carabinieri, poi. 
Per mettere a punto nuovi interventi, però, non si potrà che ripartire da quello che è già stato fatto. Innanzitutto bisognerà completare gli interventi previsti dalla legge del 2014 che ha classificato i terreni secondo i diversi livelli di rischio inquinamento in 120 Comuni tra i quali ci sono anche i 90 individuati dal patto per la Terra dei fuochi. Finora l’Arpa Campania ha classificato quasi 240 di ettari di superficie agricola: il 67,15 per cento rientra nella classe A (terreni idonei alle produzioni agroalimentari); il 12,49 per cento nella Classe D (terreni con divieto di produzioni agroalimentari e silvo pastorali); mentre il rimanente 20,36 % rientra nella classe B (terreni con limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni). Al momento ci sono otto Comuni tra Napoli e Caserta nei quali ricadono terreni dove è stata vietata la coltivazione: Villa Literno, Caivano, Acerra, Succivo, Santa Maria la Fossa, Giugliano, Saviano e San Gennaro Vesuviano. Ora bisognerà completare le analisi nei terreni ritenuti a minor rischio e, soprattutto, finanziare le bonifiche. Il generale Costa ha fatto parte del comitato interministeriale e della commissione che si è successivamente insediata. Questa, che non si riunisce dal giugno 2016 per le dimissioni del presidente Massimo Gerli, non ha potuto relazionare al Parlamento ogni sei mesi, come previsto dalla norma. Ma, prima di bloccarsi, ha presentato un progetto al ministero dell’Ambiente con una previsione di spesa 104 milioni per completare il piano: questo è stato depositato al Cipe ma non è stato finanziato. Oggi i soldi potrebbero finalmente arrivare. E ne servono parecchi visto che, come ha più volte sottolineato lo stesso generale, i costi per smaltire sono altissimi. Basti pensare, ad esempio, che per eliminare un metro cubo di amianto si spendono tra i due e i tremila euro.

Resta anche il problema degli screening mirati alla prevenzione dei tumori nei 90 Comuni della Terra dei Fuochi. «I ritardi in questo campo sono inaccettabili – spiega Ciro Di Francia, presidente del coordinamento delle associazioni flegree – sono stati stanziati 33 milioni per il biennio 2014-2015, ma gli accertamenti sono stati solo avviati in alcune Asl». E poi bisognerà affrontare il problema delle discariche ricettacolo di rifiuti tossici. Come si legge nel documento di programmazione dei fondi Por 2014-2020 della Regione, la Campania è la regione con la maggiore estensione di superficie contaminata: 243.000 ettari, pari al 15,5% del totale dei siti da bonificare in Italia.

Fino all’11 gennaio 2013 erano classificati come Sin (Siti di interesse nazionale) bei sei aree campane. Quattro di queste, litorale domizio flegreo e agro aversano, aree del litorale vesuviano, bacino idrografico del fiume Sarno e Pianura (dove resta non bonificata una discarica di rifiuti tossici dove sono finiti anche i fanghi dell’Acna di Cengio), sono state poi declassate, diventando siti di interesse regionale. Oggi rientrano nelle competenze della Regione che ha già dato il via ad alcuni interventi. Uno per tutti quello che interessa la Sogeri, dove sono arrivati rifiuti tossici da tutt’Italia.

Due aree, quelle di Napoli Orientale e di Bagnoli-Coroglio, invece, sono restate affidate al ministero dell’Ambiente e per Bagnoli sono state programmati diversi interventi dopo un lungo confronto con il Comune di Napoli.

L’area larga di Giugliano (che comprende le discariche Resit, Masseria del Pozzo e Novambiete) è stata invece affidata al commissario Mario De Biase. I siti appartenuti a Cipriano Chianese e a Gaetano Vassallo, hanno un tasso di inquinamento da record. E non solo: secondo il geologo Giovanni Balestri, che per conto della Procura ha analizzato i terreni, se non ci saranno interventi radicali entro il 2064 saranno inquinate le falde acquifere e a quel punto il disastro sarà inevitabile.

Per il momento è stata avviata solo la messa in sicurezza della Resit che dovrebbe essere completata entro l’estate, dopo una serie infinita di difficoltà legate prima alla gara d’appalto e poi ai ritardi della ditta. Per le altre due sono stati assegnati i lavori. Ma, avverte la senatrice 5 Stelle Paola Nugnes, che ha fatto parte della precedente commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti: «Si tratta di messe in sicurezza d’emergenza. Per quelle definitive bisogna prevedere una gestione, e quindi una copertura finanziaria, trentennale». In teoria, secondo il principio europeo «Chi inquina paga» dovrebbero provvedere i proprietari delle discariche, ma adesso che molti di loro sono in galera, il problema dovrà essere comunque affrontato dallo Stato. La legge sugli ecoreati prevede che i soldi derivanti dai beni sequestrati debbano essere destinati alle bonifiche. Toccherà al neoministro farla applicare.
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