I Campi flegrei tremano ancora: «Ma non c'è emergenza»

I Campi flegrei tremano ancora: «Ma non c'è emergenza»
di Pasquale Guardascione
Domenica 6 Ottobre 2019, 09:00
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«Prima un boato, poi tremava tutto». C'è ancora paura nelle parole dei pescatori che ieri mattina erano al porto di Pozzuoli per iniziare la loro solita giornata di lavoro. Lo hanno avvertito chiaramente il terremoto delle 7.08 come tutti i residenti dell'area flegrea e dei quartieri napoletani di Bagnoli, Pianura, Soccavo e Fuorigrotta. Magnitudo 2.2 della scala Ritcher con epicentro nella zona dei Pisciarelli a circa due chilometri di profondità. Proprio i pescatori sono considerati dei sismografi viventi, quelli che per prima si accorgono se qualcosa sta cambiando nella caldera. Ieri però la memoria di chi ha vissuto la crisi bradisismica all'inizio degli anni Ottanta è tornata immediatamente indietro di 36 lunghissimi anni.
 
Era il 4 ottobre del 1983 quando Pozzuoli fu svegliata da una violentissima scossa. Più forte di quella registrata esattamente un mese prima: alle 8.10 un boato e poi il terremoto. Settimo grado della scala Mercalli. L'epicentro sarà localizzato nei pressi della Solfatara e produrrà danni e panico senza precedenti con un'area di avvertibilità che risulterà alla fine avere un raggio di 30 chilometri. Sarà il sisma che, dimostrando come il livello di rischio non garantiva più l'incolumità della gente, diede vita alla seconda «diaspora» dei puteolani, dopo quella del 1970.

«Perché dobbiamo vergognarci di dire di avere paura?», dicono Procolo e Nicola, quasi ottantenni: «È vero, conviviamo con il bradisismo da quando siamo nati, ma ogni volta che c'è una scossa stiamo male perché non sai cosa fare e come muoverti. Con il bradisismo purtroppo non c'è nulla di sicuro». Dall'inizio dell'anno sono stati 412 i terremoti registrati dai sismografi dell'Osservatorio Vesuviano. Mentre il sollevamento da gennaio del 2011 è stato di 56 centimetri, di cui 27 dall'inizio del 2016. Dati lontanissimi dalla crisi vissuta tra l'83 e l'85, quando la terra si sollevava di 4 millimetri al giorno, quasi 17 volte in più rispetto ad oggi, raggiungendo alla fine 1 metro e 75 cm. «Il sollevamento che stiamo registrando negli ultimi anni nei Campi Flegrei ha una velocità nettamente inferiore rispetto all'ultima crisi bradisismica - tranquillizza Francesca Bianco, direttrice dell'Osservatorio Vesuviano -. Dal 2005 ad oggi abbiamo assistito a una variazione, il processo si è leggermente accelerato ma l'energia prodotta è comunque bassa rispetto al 1983. Anche le misure con le termocamere mobili effettuate in diversi punti nell'area flegrea hanno mostrato andamenti sostanzialmente stabili. La composizione delle fumarole ai Pisciarelli e alla Solfatara e i parametri monitorati indicano il perdurare del trend di riscaldamento e pressurizzazione del sistema idrotermale».

Sta di fatto che la scossa di ieri mattina per il tempo della sua durata e la sua avvertibilità ha indotto i residenti a dubitare del grado della magnitudo registrata dai sismografi dell'Osservatorio. «I nostri sistemi - replica la direttrice Bianco - l'hanno acquisita in via preliminare, che prevede un'oscillazione al massimo di 0.3 gradi: nei prossimi giorni il dato sarà revisionato come accade ormai da diverso tempo. Naturalmente la durata del terremoto è direttamente collegata alla magnitudo e alle onde prodotte». Il bradisismo però non si ferma mai e la caldera continua a sollevarsi alla velocità di 0.7 centimetri al mese dal 2017 nel punto di massimo sollevamento registrato dalla stazione del Rione Terra. «Ci siamo svegliati per il boato e siamo saltati giù dal letto - raccontano Federica, quarantenne puteolana, e il marito Luca che abitano ai Pisciarelli, la zona dell'epicentro -. Abitiamo al quarto piano, sembrava come un tuono. Questa è la nostra terra e il bradisismo fa il suo mestiere da sempre. Ma non andremo via mai da qui. Negli anni Ottanta abbiamo vissuto per molto tempo nelle roulotte prima di ritornare di nuovo a casa. Ormai non ci fa paura più nulla».
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